ALBERTO ROSSINI, Branded entertainment and tv Director, YAM112003
Yam112003 è una Communication Company leader nel branded content & entertainment per il mercato italiano e internazionale. Creative agency, production company e event agency: sono specializzati nell’ideazione, realizzazione e gestione di progetti editoriali e di comunicazione integrata. Lavorano in partnership con i clienti a cui offrono strategia, creatività e produzione di contenuti con un approccio multicanale. Dal 2006 sono parte del gruppo Endemol Shine Italy.
Per quale motivo pensi che il Branded Entertainment sia una leva di comunicazione utile per le aziende?
Il Branded Entertainment è una leva di comunicazione relativamente nuova e con caratteri distintivi molto forti che, se ben utilizzata, può aiutare i brand ad emergere da un rumore di fondo sempre più assordante.
Tra gli elementi di forza e novità del Branded Entertainment credo che sia importante sottolineare la sua “generosità”. Attraverso un progetto di Branded Entertainment il brand offre un’occasione di intrattenimento ad un’audience anziché agire in maniera diretta sul il consumatore/target. Per citare una famosa campagna, il Branded Entertainment è un’emozione e non ciò che la interrompe. Si tratta quindi di un percorso diverso dal solito, di un’attività più sottile e profonda, ma in grado di ottenere risultati molto soddisfacenti e di sedimentare effetti duraturi.
Secondo la tua esperienza, in quale direzione sta andando il mercato? Quali trend ci si può aspettare per il futuro?
Le prospettive per il Branded Entertainment sono sicuramente positive perché risponde molto bene alle nuove esigenze del mercato. Persone e comunità mostrano evidenti segnali di insofferenza quando percepiscono di essere considerate solo “target” e “bacini”. La connessione deve avvenire ad un livello molto più profondo e per questo servono modalità comunicative articolate, stratificate, con tempi non standard. Il Branded Entertainment, più di altri strumenti, aiuta il brand a prendere vita, ad incarnarsi, spesso letteralmente, in un soggetto comunicativo reale, una personalità concreta in grado di stabilire un dialogo efficace con la sua audience.
Quali sono secondo te le principali criticità ancora da affrontare oggi per lo sviluppo del mercato del BE e come si possono superare?
Credo sia ancora necessario un lavoro di alfabetizzazione che coinvolga tutti i soggetti della filiera: brand, concessionarie, centri media, agenzie, piattaforme distributive, broadcaster. Troppo spesso il Branded Entertainment è ancora considerato come la ciliegina sulla torta, un simpatico add-on da infilare in strategia “se t’avanzano du spicci”. Che poi spesso “du spicci” non sono e quindi ha poco senso utilizzarlo in questa maniera. Se il Branded Entertainment è, com’è, una leva di comunicazione importante, allora deve sedere al tavolo strategico con dignità pari agli altri strumenti con cui si deve integrare; deve essere considerato e giudicato sul medio-lungo periodo e dunque oggetto di un reale investimento, in termini di impegno e denaro. Agli albori, giustamente, molti brand hanno fatto delle prove, che peraltro hanno dimostrato di funzionare. Ora è giunto il momento di lavorarci con determinazione e costanza. Al tempo stesso è fondamentale dotarsi di un sistema di misurazione dell’efficacia tarato sulle caratteristiche specifiche di questo strumento, un set di KPI quali-quantitativi con parametri personalizzati.
Lo scorso dicembre si è tenuto “The brand Factor – Christmas Edition”, di cui sei stato uno dei 4 concorrenti: quali progetti nazionali e internazionali hai scelto di presentare e perché?
Si tratta di 3 progetti molto diversi tra loro: un programma televisivo, un video per piattaforme digitali e uno spot natalizio.
Il programma televisivo, italiano, è Mix & Match, prodotto da Magnolia e andato in onda su Sky Uno sia nel 2018 che nel 2019. Il brand coinvolto è Yoox. Ho trovato il progetto molto interessante perché presenta un impianto produttivo ed editoriale tradizionale (studio televisivo, classico format talent “ad imbuto”, etc.) ma al servizio di un cliente del mondo digitale. Questa contaminazione ha ottenuto un buon riscontro di ascolti ed una ricaduta positiva sul business del cliente, a conferma che il mezzo televisivo possiede una complessità ma anche una flessibilità che ben si adattano al Branded Entertainment.
Il secondo progetto è il video “Le proposte imbruttite per migliorare Milano”. Sappiamo bene quanto sia complicato lavorare con grandi aziende istituzionali o direttamente con le istituzioni. Il Milanese Imbruttito ha dimostrato in tempi recenti di saperlo fare molto bene, mantenendosi fedele al proprio linguaggio e alla propria personalità e al tempo stesso mettendosi al servizio del cliente. Questo è stato possibile, a mio parere, grazie ad un salto qualitativo nel lavoro di scrittura che ha permesso di creare un video molto divertente e perfettamente coerente alle esigenze comunicative del Comune di Milano, cosa che non sempre avviene quando si parla di creator ed influencer. Spesso noto, al contrario, che il ruolo del cliente si esaurisce nella presenza di un billboard in testa ed in coda ad uno “sketch” il cui contenuto risulta paradossalmente neutro rispetto al brand che dovrebbe invece comunicare in modo organico.
L’ultimo progetto è lo spot natalizio di IKEA, “Silence the critics”. L’ho scelto perché riesce ad evitare tutti gli stereotipi legati alle festività, costruendo un video attorno ad una canzone “grime”, quindi il genere musicale meno natalizio che si possa immaginare, e partendo da un concetto, quello di “home shaming”, che invece è molto legato, anche se in negativo, al Natale. Il risultato è davvero brillante e la canzone così riuscita che ora si può trovare anche su Spotify.
Ci parli di uno degli ultimi progetti di BE al quale hai collaborato?
In ambito televisivo mi sembra degno di nota il programma Shop Cook & Win – La sfida dei carrelli, che YAM112203 ha prodotto per NOVE TV. Credo sia un buon esempio di Branded Entertainment, non solo per i contenuti, ma per il clima di grande collaborazione venutosi a creare tra tutti i soggetti coinvolti: Discovery, come editore, Fuse come agenzia, LIDL come brand cliente, YAM112003 come casa di produzione. Si tratta di un format internazionale, adattato al mercato italiano anche grazie a due veri talenti come Simone Rugiati e Matteo Torretta, che ha ottenuto ottimi risultati d’ascolto perché è un vero programma di intrattenimento televisivo, in cui il brand è naturalmente integrato nel tessuto della narrazione.
Guardando al futuro, c’è un progetto, un’idea, un tema su cui ti piacerebbe lavorare e su cui il BE potrebbe essere una leva vincente?
Può sembrare banale ma i temi dell’ambiente e della sostenibilità hanno assunto una tale centralità nel dibattito sociale da non poter essere ignorati. E penso che il Branded Entertainment possa fare molto in questo ambito, la cui complessità è difficile da affrontare in modo serio con strumenti tradizionali. Non si tratta però di una sfida semplice: il rischio di essere superficiali o di apparire opportunisti è sempre dietro l’angolo. Ci sono poi delle categorie merceologiche che fino ad oggi hanno poco frequentato in mondo del Branded Entertainment, preferendo altre forme di comunicazione, e con le quali si potrebbe invece dare vita a progetti interessanti. Parlo, in particolare, della moda, del settore bancario/finanziario e del turismo.
Tre parole chiave che hanno contraddistinto l’attività di OBE nel 2019 sono state Original, Brave e Entertaining: secondo te in Italia i brand oggi sono originali, coraggiosi e capaci di intrattenere? O pensi ci sia ancora la necessità di lavorare per giungere a questi traguardi?
C’è ancora molto da fare ma noto una sempre maggiore apertura, o anche solo una sana curiosità, da parte dei brand. Proprio per questo è necessario che gli altri soggetti in campo al fianco dei brand siano coraggiosi, propositivi e dotati di competenze interne specifiche. I progetti Branded Entertainment richiedono infatti uno sforzo notevole per la “messa a terra” ma è vero anche che sono gli unici a poter rispondere alle esigenze più complesse di comunicazione, che coinvolgono il piano dei valori e dell’identità senza trascurare il tema, sempre centrale, della vendita.