Produzioni dei brand in ripresa, il mercato va verso i 600 milioni

Video immersivi e interattivi, campagne di gamification, web-serie, podcast: si moltiplicano i progetti transmediali di branded entertainment

Tra i cumuli di rifiuti in spiaggia o per strada spuntano vecchi mobili con l’etichetta che mette in bella mostra il prezzo e il nome. Così Ikea Norvegia ha lanciato la nuova The Trash Collection, l’ultima frontiera del riuso con la campagna coinvolgente che propone una selezione di prodotti recuperati e rigenerati. La campagna video è tutta incentrata sulla rigenerazione dei mobili ed è firmata dall’agenzia pubblicitaria Try di Oslo. «Ogni anno da noi vengono buttati oltre 3 milioni di mobili. Troppi dei nostri finiscono nella spazzatura e con questa campagna abbiamo voluto mostrare come tutto questa non sia più necessario. Talvolta i prodotti vanno bene, ma hanno solo bisogno di qualche pezzo di ricambio per tornare a nuova vita», ha dichiarato Tobias Lien, responsabile delle comunicazioni marketing di Ikea.

Parola d’ordine: intrattenere.

Che significa anche vendere, ma ricreando una relazione con un consumatore che prima di acquistare vuole essere informato, coinvolto, emozionato. Così il brand entertainment, costola del content marketing, torna a crescere. In Italia il valore nel 2020 si è attestato a 526 milioni di euro, con un -4% per via della congiuntura negativa legata alla pandemia, mentre la stima sul 2021 è a 589 milioni di euro, con rimbalzo positivo del 12%. Un dato che, se confermato, porterebbe il fatturato complessivo a livelli superiori all’anno precedente alla pandemia.

La ricerca Obe

È quanto emerge dalla sesta edizione della ricerca sul mercato del branded entertainment 2021 di Obe (Osservatorio Branded Entertainment), associazione che aggrega i più importanti attori della filiera del marketing e della pubblicità tra cui brand, editori, concessionarie, centri media, agenzie creative e digitali. «Emerge un mercato che ha saputo riprendersi bene e rapidamente dall’emergenza. Il ritorno alla normalità sta avvenendo tra evidenti difficoltà dovute da un lato al generale clima di incertezza e dall’altro da un contesto molto diverso di comunicazione e di consumo rispetto al passato. È mutata profondamente la relazione tra brand e audience di riferimento», afferma Laura Corbetta, Presidente OBE, CEO e fondatrice di YAM112003.

Storytelling ibridi

Ma c’è di più. Oggi i progetti transmediali rappresentano il 45% del totale con una crescita rilevante per il canale online e una leggera flessione per quello televisivo. «Ciò significa che il prodotto nasce già pensato per sviluppare la narrazione su più media in modo armonico e coerente, in base alle caratteristiche delle audience di riferimento e delle piattaforme utilizzate. Se guardiamo ai formati più utilizzati a guidare la corsa sono le varie piattaforme social: YouTube, Facebook, Instagram e sempre più TikTok. Ma è interessante notare come rimangano comunque rilevanti anche quei media offline che ancora vengono recuperati e integrati per aumentare la visibilità dei progetti», precisa Corbetta.

Il media-mix racconta una maggiore centralità del digitale: social, editoria online, podcast e owned media dei brand arrivano ad assorbire il 48% sul totale degli investimenti, a fronte di un dato stabile sulla tv che si assesta al 40%. Le agenzie creative e i centri media si riconfermano i principali interlocutori dei brand, ma continua la crescita delle piattaforme. Evolvono i modelli di business verso dinamiche più evolute per una filiera più integrata: così si ripensa anche la relazione tra chi scrive, produce, distribuisce questi contenuti. «Ancora oggi non esiste una filiera rigida o un processo standard e definito. L’importante è lavorare rispettando le specificità e le competenze di tutti e trovare sintesi efficaci», puntualizza Corbetta.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Di di Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano

Log in with your credentials

Forgot your details?