OBE SUMMIT 2023 – THE PASSION ECONOMY | Discorso della Presidente Laura Corbetta

Di seguito il discorso introduttivo di apertura all’OBE SUMMIT 2023 – THE PASSION ECONOMYtenuto dalla Presidente Laura Corbetta.

 

Buongiorno a tutte e tutti.

È bello vedervi, anche quest’anno, all’OBE Summit 2023, per la prima volta al Mudec – Museo delle Culture.

Oggi è davvero una giornata speciale: OBE festeggia 10 anni!

Anni in cui l’Osservatorio ha giocato un ruolo fondamentale nel promuovere e sviluppare il branded entertainment come leva strategica per la comunicazione integrata di marca.

Da allora, in OBE – oggi Impresa Sociale con personalità giuridica – siamo diventati 75 associati tra brand, editori, centri media, agenzie creative, case di produzione e talent agency.

E il mercato del branded entertainment è cresciuto, dal 2014 al 2022, del 264% raggiungendo volumi di investimento quasi equivalenti alla somma di radio, cinema e OOH[1].

A riprova del crescente interesse, è aumentato anche il numero di progetti realizzati e selezionati dal BC&E Festival, l’evento organizzato da OBE in collaborazione con ADC Group, che nel 2023 ha registrato il suo record di iscrizioni.

In questi anni, il branded entertainment è passato dall’essere un prodotto di comunicazione a un vero e proprio framework strategico utilizzato dai brand per “connettersi” alle proprie audience grazie a narrazioni transmediali di “valore”.

Come Associazione abbiamo lavorato assieme, pur essendo espressione di tanti interessi diversi, nel dare linee guida al mercato, creare know-how, fornire metodologie e strumenti di analisi e di valutazione; abbiamo lavorato sulla formazione delle persone; la diversità, l’equità e l’inclusione sono diventati per noi acceleratori di trasformazione culturale.

Mai come in questi ultimi mesi, abbiamo intensificato la collaborazione con le altre grandi associazioni del mercato – ADCI, IAB, UNA e tutte quelle che vorranno accreditarsi al tavolo di lavoro – per affrontare in maniera seria e decisa il tema delle molestie di genere sui luoghi di lavoro (il me too della pubblicità italiana, come è stato ribattezzato dai media); e, più in generale, contribuire a un cambiamento culturale in cui la violenza sulle donne non sia più all’ordine del giorno.

È definitivamente arrivato il momento di prenderci cura delle persone che lavorano nel nostro settore, spesso trascurate o stratificate in tempi, modalità e linguaggi non più adeguati alle sensibilità contemporanee. Quelle stesse persone alle quali ogni giorno chiediamo di analizzare e interpretare scenari e tendenze e creare messaggi di valore.

Sono trascorsi 10 anni durante i quali si sono verificati eventi epocali di portata globale con effetti profondi sulla storia, sulla società e sulla cultura ma, anche, sulla nostra quotidianità, sul nostro modo di lavorare e, forse, ancor di più sulla nostra visione del mondo e della vita.

Nel frattempo, il mondo digitale nel quale trascorriamo ormai gran parte del nostro tempo, ha radicato dimensioni virtuali “informatizzate” che sempre più ci stanno allontanando dalla realtà delle cose.

Come scrive uno dei più severi critici della nostra contemporaneità, “Corriamo dietro alle informazioni senza approdare ad alcun sapere, prendiamo nota di tutto senza imparare a conoscerlo. Viaggiamo ovunque senza fare vere esperienze. Comunichiamo ininterrottamente senza prendere parte a una comunità. Salviamo quantità immani di dati senza far risuonare i ricordi. Accumuliamo amici e follower senza mai incontrare l’Altro. Così le informazioni generano un modo di vivere privo di tenuta e di durata”.[2]

In questi anni, ci siamo così ritrovate a essere persone più fragili, disorientate ma, al tempo stesso, una maggiore consapevolezza, ci ha reso persone più impegnate e responsabili del nostro futuro.

Ma quale futuro?

Le ricerche[3] ci dicono che il Business rappresenta l’istituzione alla quale le italiane e gli italiani guardano con maggiore fiducia riconoscendo, soprattutto alle aziende familiari, più competenze ed etica di ONG, Media e Governo.

Consumatori e dipendenti spingono le aziende a schierarsi a loro favore. E chiedono un maggiore coinvolgimento su tematiche sociali concrete e “politiche” come il cambiamento climatico, la crisi energetica, la sicurezza sanitaria, l’equità sociale.

Secondo l’ultimo Edelman Trust Report, sei persone su dieci ritengono che le aziende devono attivare il potere iconico dei propri brand per creare identità condivise in grado di unire e rinforzare il tessuto sociale e culturale del nostro Paese, con azioni mirate alla sostenibilità delle persone e dell’ambiente, alla formazione e cura dei propri dipendenti, alla collaborazione con le comunità locali e con le istituzioni pubbliche per una società più giusta, equa e solidale.

Ma devono anche prestare maggiore attenzione alla comunicazione, garantendo lo sviluppo di un sistema di informazione più trasparente, affidabile e significativo.

Mai come ora, le aziende e le persone che le guidano – per continuare a essere rilevanti e competitive – devono agire quella trasformazione culturale che allinea il dentro e il fuori, l’alto e il basso, le persone e il business; che guarda al presente sentendo la responsabilità del futuro.

“The Passion Economy” vuole essere un’ipotesi di lavoro per affrontare questa sfida: mettere al centro del modello di crescita e sviluppo delle persone e delle aziende le proprie passioni.

Sembra stravagante… Ma è la passione che alimenta l’innovazione, la creatività e la determinazione umana: spinge le persone a superare i propri limiti, ad abbracciare il cambiamento, a sviluppare empatia e a creare un impatto significativo sulla società.

La passione è però una prassi impegnativa, che impone energia, concretezza, autenticità, persistenza… come la verità, la fiducia, le promesse e le responsabilità. Sono prassi impegnative perché richiedono uno sguardo lungo e lento che, estendendosi oltre il presente, si proietta nel futuro.

La passione si racconta in una storia, e le storie sono il super-potere dei brand!

Come scrive Adam Davidson[4], pioniere della Passion Economy: “Qualunque cosa tu venda, stai vendendo una storia, ed è meglio che sia autentica. È una storia e, come tutte le belle storie, ha personaggi, una trama, un inizio, una fine e anche un po’ di drama.

Il processo di creazione di valore – quella misura soggettiva di come un certo prodotto o servizio migliora la vita delle persone – richiede un investimento di sforzi e capitali che generalmente si ripaga solo nel tempo…

Ed è per questo che sempre più spesso solo “Companies with passion can change the world for better”[5]!

Prima di lasciarvi, voglio ringraziare tutte le persone che con la loro passione hanno reso possibile questi 10 anni di OBE: Elena Grinta, Marco Girelli, Anna Gavazzi, il primo e il secondo Consiglio Direttivo…

Arrivando ai giorni nostri:

Simonetta Consiglio, la nostra direttrice generale, fantastica e instancabile sintesi di pensiero strategico e senso pratico nel mettere a terra tutte le attività di OBE, questo Summit compreso.

Anna Vitiello, quasi da sempre direttrice scientifica dell’Osservatorio, per il suo immenso e prezioso lavoro di ricerca, di formazione e di networking.

Francesca Sorge, responsabile marketing e comunicazione, già Consigliera del secondo direttivo, da pochi mesi in forza al team, al quale ha portato tutta la sua energia.

Giulia Giaccon, per la sua dedizione alla causa OBE.

Il Consiglio Direttivo – Michele Arlotta, Ludovica Federighi, Marco La Magna, Isabella Matera, Vincenzo Piscopo ed Erik Rollini – per il costante, operoso e appassionato supporto allo sviluppo dell’Associazione.

Un ringraziamento va anche al Comune di Milano per il Patrocinio concesso.

E a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile questo evento: gli sponsor: Mondadori Media, Google, Omnicom Media Group, PWC e Mediaset; i nostri media Partner: ADC Group e STARTUP ITALIA; i content partner: COMUNICA, Hearst, Realize Networks e Reload; i partner tecnici: YAM112003, Extralab e CAVIRO.

 Ringrazio infine tutte le aziende e le persone che hanno scelto di far parte di OBE e voi – che siete qui oggi – per riflettere con noi sulla “Passion Economy”.


[1] OBE, Il mercato del BE in Italia, elaborazione su dati Nielsen

[2] Byung-chul Han, Le non cose, 2021

[3] Edelman Trust Report, 2023

[4] Adam Davidson, The Passion Economy, 2020

[5] Nell’originale, Steve Jobs: “We believe people with passion can change the world for the better. That’s what we believe. And we believe that those people who are crazy enough to think they can change the world are the ones that actually do.

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