Etica e entertainment: due facce della stessa medaglia

Lo storytelling, il branded content e entertainment sono strumenti utili per mostrare che il ‘discorso’ della marca (cio’ che la marca dice, attraverso ogni mezzo, il suo récit, per parafrasare Paul Ricoeur) è in pieno accordo con cio’ che la marca è, la sua histoire (storia) e la sua mémoire (memoria).

E’ del tutto normale che le aziende vogliano veicolare messaggi positivi (legati a tematiche sentite come rilevanti e socialmente importanti) che si leghino e approfondiscano la propria brand purpose, ma è necessario impostare il racconto dell’identità aziendale con un occhio ‘etico’, intendendo l’ethos come una delle tre tecniche retoriche di persuasione descritte da Artistotele (insieme a logos e pathos).

L’ethos è il sentimento che l’oratore (cioè il mittente del messaggio) deve poter stabilire con la sua audience, al fine di creare una solida reputazione e la fiducia necessarie per generare un atteggiamento favorevole nel pubblico. Nella maggior parte dei casi la comunicazione di marca si concentra sulle tecniche di logos (es.: la descrizione sintetica ma chiara delle caratteristiche organolettiche di prodotto) o pathos (es.: l’utilizzo di immagini shock o seducenti, che giocano sulle emozioni). Il branded entertainment e il brand storytelling sono lo spazio ideale per “far evolvere la marca sul piano simbolico e farle esprimere il suo punto di vista sul mondo, inserendola nel patrimonio culturale collettivo” (Daniel Bô, Brand Content Stratégique).

Violazioni dell’ethos, che implicano una collisione tra l’immaginario creato e comunicato e la realtà dei fatti, possono implicare danni enormi, a volte irreversibili, per l’intero business aziendale.

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