Crisis management: gestire l’emergenza in azienda

Intervista a Andrea Notarnicola, partner di Newton, consulente di direzione per il cambiamento culturale delle imprese. Nel 2019 ha scritto “L’impresa spezzata, Motivare le persone dopo l’emergenza: la forza dell’unità e della fiducia

Andrea, da un mese circa, stiamo tutti affrontando un’emergenza sanitaria che sta avendo ovviamente impatti forti su cittadini, società e aziende. Innanzitutto, come la vedi in prospettiva storica? è secondo te confrontabile con altre crisi già vissute? abbiamo un pregresso a cui far riferimento per trovare delle coordinate in cui muoversi?
Per certi aspetti questa crisi non offre alle imprese scenari diversi da quelli tipici di una emergenza storica: penso alle guerre mondiali del secolo scorso, ma anche a tsunami, terremoti, guerre civili ecc. Queste crisi sono parte del vissuto di molte imprese che, nella storia o in diversi paesi, si sono già trovate immerse nel cratere dell’emergenza. Alcune, come la storia ci insegna, ne sono uscite anche rafforzate. Tutti i disastri destrutturano in maniera profonda le aziende e la società nella quale sono immerse: trasformano interi scenari economici che vanno poi ripensati e ricostruiti.
Nello stesso tempo ogni crisi presenta peculiarità ben specifiche: questa emergenza biologica è globale e coinvolge anche i paesi occidentali che per decenni sono state considerati “aree sicure” e una sorta di punto di ancoraggio dell’economia mondiale. È inoltre una pandemia che sfugge, anche per la scarsa conoscenza di questo virus, al nostro controllo: non sappiamo quando finirà. 

Come possono o devono reagire le aziende oggi?
Quella che stiamo vivendo è una emergenza che ci ha colti di sorpresa e che, come tutti i fenomeni improvvisi, va gestita dando priorità alla business continuity. 
In questa fase il nostro obiettivo è contenere il danno. Come si dice in questi frangenti “cash is king”, prestiamo attenzione alla gestione finanziaria nel breve periodo per allontanare i rischi di un fallimento aziendale. 
Ma il management deve essere consapevole del fatto che, mentre gestisce il breve periodo, sta consapevolmente o inconsapevolmente disegnando il futuro. Qualsiasi decisione presa oggi influirà sul dopocrisi e sulla reputazione delle azienda. In questi giorni, con le nostre azioni, stiamo già gettando le basi della nostra organizzazione nel futuro. Tutto quello che agiamo oggi definirà la nostra capacità di competere in futuro.
Dobbiamo gestire la nostra componente emotiva. La paura va ascoltata ma può portarci a prendere decisioni estreme rapidamente: decisioni che non sono il frutto di un ragionamento strategico e che rischiano poi di fare danno nella continuità. Serve saper gestire la complessità e coltivare le competenze che permettono di agire nell’ignoto. 

Uno degli ambiti sin da subito coinvolto nella crisi e su cui vediamo già impatti forti è quello della comunicazione interna e della gestione del personale. Cosa si deve tenere a mente?
È importantissimo adottare rapidamente decisioni che siano calde, capaci di offrire protezione fisica e supporto psicologico alle persone. La motivazione del personale in questo momento è fondamentale: bisogna cercare di contrastare l’assenteismo e la demotivazione, che sono reazioni fisiologiche in momenti estremi come questo. 
Una linea di comando chiara deve lasciare spazio a una autonomia “locale” che sia capace di declinare le decisioni prese sul territorio. È proprio dal coinvolgimento di tutta la popolazione aziendale che spesso nascono idee ed energie per affrontare e superare queste emergenze.
La comunicazione interna diventa ancora più importante: deve essere frequente, magari più asciutta, ma costante. Le aziende devono saper generare una narrativa della crisi e devono essere trasparenti. 
Bisogna offrire ai collaboratori gli strumenti per capire cosa sta succedendo e per gestire l’evento sul piano emotivo e cognitivo. 

Credi che qualcosa di quello che stiamo sperimentando e vivendo oggi rimarrà anche dopo nella gestione della popolazione aziendale?
Sicuramente sì. In una situazione di emergenza di questo tipo nessun sistema sociale (azienda, istituzione, società) tornerà ad essere quello che era prima. Viviamo una trasformazione, e già nel presente possiamo leggere l’emergere di segnali di quello che potremmo diventare. Se saremo diventare migliori o peggiori si scoprirà solo alla fine. 
Tutti ricorderanno per sempre questi giorni: le parole, le scelte che sono state prese, le azioni. 
La storia ci insegna che le azioni delle imprese nella crisi lasciano un segno. Penso ad esempio a Generali o a Barilla nel conflitto mondiale: aziende e manager che, nel cuore della crisi, hanno dimostrato la capacità di gestire l’incertezza e reagire secondo quello che era anche il ruolo sociale della loro azienda. Una volta superata la prova, l’organizzazione rinasce poi più forte perché ha la capacità di affrontare con maggiore legittimazione ed energia la rinascita. 

E, verso l’esterno, come cambia l’approccio che una azienda deve avere?
Le persone, gli stakeholder osservano i comportamenti delle aziende e comprendono se l’azienda sta facendo lo sforzo di agire in coerenza con i valori che ha professato fino a quel momento. Essere brand cittadini, capaci di prendere posizione, significa testimoniare il proprio impegno concreto rispetto a questa emergenza. Ogni azienda nell’emergenza diventa una stakeholder company. A decretare se quell’azienda supererà la crisi, e come, sono tutti gli stakeholder insieme: clienti, banche, fornitori, istituzioni pubbliche, dipendenti. Tra tutti, metterei al primo posto i clienti: i clienti tengono una azienda in movimento e cioè la tengono in vita. È essenziale, per chi può, cercare il più possibile di continuare a offrire un servizio. 
In generale i brand amici devono continuare ad essere appunto amici : un amico, nella crisi, si fa sentire, è prossimo, offre supporto, è attento ai toni e alle parole. Un messaggio efficace nel nuovo contesto può rivelarsi disfunzionale. 
Bisogna considerare il tempo presente e il vissuto delle persone. In questo momento le persone sono a casa e crescono gli ascolti della tv. I consumatori possono essere confortati se ritrovano messaggi e brand che sono familiari. La vita deve continuare. 

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