Covid-19: gli impatti su tv, digital e contenuti

Intervista a Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM, e Pietro Enrico, Direttore Brand On Solutions di Publitalia80 Gruppo Mediaset.

 

L’emergenza sanitaria e le restrizioni governative di queste settimane hanno impatti profondi sulla dieta mediatica e le abitudini di consumo degli italiani. Federica, in GroupM avete attivato un monitoraggio quotidiano per capire come sta cambiando sia il sentiment del consumatore che la fruizione di Tv e web. Cosa puoi dirci, in particolare su questo ultimo aspetto?

Federica: Di base, quello che è successo sin dai primi giorni in modo assolutamente repentino è stata una sorta di “ritorno alle origini”, con una crescita importante dell’ascolto televisivo. La televisione è tornata ad essere il nuovo focolaio domestico, il mezzo intorno al quale si raduna tutta la famiglia per intrattenersi o ascoltare le ultime notizie. In particolare, infatti, i momenti di maggior incremento del consumo televisivo, ma anche web, sono stati i momenti di lockdown: il primo del 7 marzo che ha coinvolto il nord Italia; quello nazionale del 9 marzo; e infine la nuova manovra del governo presentata da Conte sabato 21 marzo. La televisione è diventata, assieme ai  canali di comunicazione degli organi ufficiali, tra le principali fonti di informazione e, da una recente ricerca Kantar sviluppata a livello internazionale, in Italia i telegiornali sono considerati tra le fonti più autorevoli. Considerazione in linea anche con quanto emerge da una ricerca internazionale GroupM per cui la TV risulterebbe essere il touchpoint, dopo le reviews, che innesca nel consumatore maggior fiducia anche dal punto di vista pubblicitario. La crescita della TV è stata quindi sia una crescita di audience, che ha impattato in maniera eguale prime time e day time, sia di tempo speso davanti allo schermo: dall’inizio della crisi a oggi abbiamo visto un incremento medio giornaliero su base popolazione di 60 minuti, ma negli ultimi dieci giorni gli incrementi salgono addirittura intorno ai 90/120 minuti, con un picco di 2 ore e 20 minuti sabato 21 marzo con la diretta di Conte in seconda serata.

E per quanto riguarda i diversi target e contenuti?

Federica: Noi abbiamo iniziato sin da subito a monitorare non solo la base individui ma anche il target bambini, perchè con la chiusura delle scuole ci aspettavamo una crescita e così è stato. Molta televisione pubblica, e non solo, ha poi iniziato a dedicare parte dei palinsesti alla programmazione per i bambini, e questo ha contribuito ad avvicinare questo target. Però la cosa interessante è che con il tempo ha coinvolto anche quelli che normalmente non sono target televisivi: penso ai giovani, 14-25 anni, e alla prima fascia dei millenial. Per quanto riguarda i contenuti, a catalizzare l’ascolto sono prevalentemente e comprensibilmente i contenuti news, ma è cresciuto tanto anche l’intrattenimento (film, serie tv e alcuni show di punta delle reti).

Pietro, ti ritrovi con il quadro che sta delineando Federica? E come sta reagendo il gruppo Mediaset?

Pietro: Sì, confermo quello che ha dichiarato Federica. La televisione in realtà, al contrario di quello che si pensa, non ha mai perso ascolti e non è mai stata in crisi. Ma è vero che, con questa situazione di emergenza sanitaria, è tornata nuovamente ad avere il ruolo centrale di focolaio domestico, con un’impennata di ascolti. La settimana tra il 15 e il 21 Marzo, ad esempio, rispetto all’anno passato, abbiamo avuto un incremento del 40% degli ascolti. Quello che stiamo facendo, come gruppo Mediaset, è garantire, attraverso canali come TGcom e Rete 4, un’informazione credibile mantenendo stabili tutte le produzioni; ovviamente là dove si è verificato un caso come ‘Quarta Repubblica’ con Nicola Porro, per cause di forza maggiore, abbiamo dovuto chiudere. Ma quello che notiamo è che c’è un coraggio e un impegno incredibile da parte di molti protagonisti televisivi, come Barbara D’Urso, Maria De Filippi, che pur rispettando tutte le distanze e le precauzioni di sicurezza, continuano a portare avanti i loro programmi. Ed è un lavoro estremamente difficile. Si pensi al caso di “Amici”, dove è stato necessario realizzare coreografie in modo che i ballerini mantenessero le giuste distanze e non avessero contatti fisici.

Ma quindi c’è un tema di “approvvigionamento” di contenuti? C’è il rischio di un progressivo svuotamento di palinsesti?

Pietro: Sinceramente non vedo un grosso problema di approvvigionamento di contenuti; come abbiamo visto, ci sono anche casi come Harry Potter, che pur essendo andati in onda più volte, hanno comunque intercettato un elevato interesse delle persone. Noi reagiamo a questa situazione in primis gestendo l’emergenza, valutando cosa può essere effettivamente utile per la popolazione a livello di informazione e di entartainment. Ovviamente, ci sono impatti sulla produzione: dobbiamo contare sull’ausilio di meno persone per la realizzazione dei programmi e nello stesso momento assicurarci lo strettoindispensabile che ne garantisca la messa in onda. Ci tengo a sottolineare che cerchiamo di fare tutto nel rispetto delle norme della situazione, e soprattutto delle persone, cercando di non mettere nessuno in difficoltà.
“Amici”, già citato, è un programma totalmente cambiato rispetto a qualche settimana fa, senza pubblico, che però riesce a mantenere ugualmente il suo DNA, facendo ascolti in crescita e preservando le Integration dei nostri clienti.

Si stanno già pensando a nuove forme di linguaggio e di produzione che tengano conto della situazione attuale?

Pietro: Sì, posso dirti in anteprima che, nel periodo di Pasqua, lanceremo il nostro primo progetto di Branded Entertainment legato al food, realizzato in “modalità Coronavirus”, quindi stando a casa. Questo mini-programma vuole essere sia un segno di vicinanza verso i nostri ascoltatori e clienti, sia un primo esperimento di un modus operandi diverso, passando da una situazione di emergenza a una situazione di normalità nel nostro setting mentale. Ci stiamo abituando a lavorare in modo diverso, e questa condizione durerà ancora per settimane, forse mesi, e per questo motivo deve diventare, e diventerà, la nostra nuova normalità. In questo momento siamo partiti dal food, in quanto categoria in risalto, ma la volontà di cambiare la modalità di produrre in questo momento c’è. Anche nelle trasmissioni di informazione, la qualità tecnica viene già messa in secondo piano: vengono utilizzati ad esempio collegamenti Skype con una qualità di connessione non eccelsa, ma quello che a noi preme è riuscire a portare i messaggi in casa della gente.

Oltre la televisione tradizionale, Federica, come si comportano invece le piattaforme OTT? e il digitale? 

Federica: Anche per le piattaforme dei player televisivi (come Rai Play o Mediaset Play) rileviamo balzi molto significativi di utenti; in egual modo cresce l’on demand di SKY che ha esteso la sua intera offerta ai suoi abbonati . Non rileviamo direttamente ma possiamo supporre che l’incremento sia eguale anche sulle piattaforme pay (Netflix, Amazon Prime, e l’appena arrivato Disney+). Per quanto riguarda il digitale, il comportamento di consumo ha visto di base un andamento simile a quello televisivo: nell’ambito news, tutti i grandi publisher (tradizionali ma anche nativi digitali come Fanpage.it) stanno incrementando ogni giorno sia pagine viste che utenti unici. Ma, a fianco alle news, sono progressivamente cresciuti i consumi di tutti quei contenuti che hanno a che fare o con la gestione del tempo a casa (ricettazione, fitness, gaming) o con l’intrattenimento. Questo perchè la gente si è dovuta abituare a vivere una nuova quotidianità/normalità. Questo fenomeno lo si legge sia in termini di numero di utenti, ma anche di app scaricate e di ricerche su internet. Su Amazon, ad esempio, dopo i primi momenti in cui le persone cercavano principalmente materiali utili per l’emergenza (mascherine, disinfettanti, guanti..), quella che noi definiamo l’area del Concern, l’interesse si è poi spostato verso l’home & life management e l’home entertainment, con ricerche quali puzzle, giochi, film, libri. Dall’emergenza quindi a una nuova quotidianità che diventa nuova normalità, anche se siamo ancora a ben vedere nella fase acuta dell’emergenza.

Quindi il digitale ci aiuta anche a comprendere il comportamento dei consumatori?

Federica: Sì, il digitale oggi ci permette di leggere come cambiano gli interessi e i comportamenti dei consumatori. E questo perchè i consumatori hanno finalmente imparato a capire a che cosa serve il digitale, che oggi viene considerato un supporto per la quotidianità. Il digitale ci permette anche di leggere dove stiamo andando e ci fa capire che ormai la gente ha cambiato completamente le sue abitudini di consumo. L’intrattenimento casalingo che diventa digitale e l’accesso a una serie di app e servizi utili. Un aspetto curioso però è che i consumatori si stanno scontrando con i limiti fisici del digitale di questo periodo: i problemi di consegna dell’e-commerce e la gestione dell’home delivery dei supermercati ad esempio. E questo li porta alla riscoperta del local come risorsa, che però è sempre resa accessibile dal digitale: e quindi il fenomeno delle social street e la riscoperta dei negozi di zona che aiutano a gestire la sussistenza quotidiana. Dal global al local quindi, ma senza un ritorno dell’offline. E’ in questo senso che possiamo dire appunto di aver finalmente capito a cosa serve il digitale.

E come stanno reagendo invece i Brand a questa emergenza e a questo mutato scenario media?

Federica: Il primo punto che come agenzia media abbiamo notato, guardando semplicemente ai numeri, è stato un congelamento e posticipo degli impegni pubblicitari. Però, va anche detto che ci sono stati settori che hanno continuato a investire e, più recentemente, anche altri brand hanno ripreso a comunicare adattando le campagne e i copy creativi. In particolare, notiamo due direttrici di comunicazione: la vicinanza, cioè la voglia di far sentire di essere vicini ai consumatori, e la rassicurazione, con la conferma di esserci e di continuare a dare supporto nonostante tutto. Però è molto prematuro individuare trend di comunicazione o di investimento, siamo ancora in piena crisi e in questo momento è ovviamente tutto puro life management, monitoraggio e sopravvivenza. Il grande turning point sarà quando inizieremo a vedere il calo di contagi e si inizierà a parlare di recovery. Lì la grande domanda sarà: come devo fare per stare vicino ai miei consumatori e soprattutto come faccio ad aiutarli ad affrontare una recessione che si è spalancata all’improvviso? I brand si dovrebbero preparare ad affrontare queste grandi domande. E questo riguarda tutti i settori, come quello del turismo, in grave sofferenza, ma anche quello dell’automotive, dell’elettronica e del consumo; ci stiamo preparando per affrontare la fase di recovery, che sarà lunga e complessa. Due saranno a mio avviso le parole chiave da tenere a mente: la prima è l’adaptive planning, inteso come adattamento al sentiment e al behavior del consumatore, agevolato dal digital per quanto riguarda l’organizzazione creativa in funzione dei bisogni; la seconda è il planning contestuale che tenga presente cioè il contesto, gli eventi attuali.

Pietro, voi come avete supportato i vostri clienti in questa situazione? 

Pietro: È evidente che la comunicazione di Brand si sia trovata e si stia trovando in una situazione di difficoltà. Quello che noi abbiamo fatto è stato dialogare con i nostri clienti per trovare con ognuno delle soluzioni che potessero dar loro un contributo. Ci sono molte aziende, come dice Federica, che continuano a comunicare, come il Food, il Technology, il Largo Consumo, i servizi e-commerce. Quelli appena citati sono tutti clienti con cui abbiamo avviato un rapporto one-to-one per cercare di capire come, attraverso le creatività che abbiamo e quelle che possiamo modificare, trasformare i messaggi in due direttrici principali: stare in contatto con i consumatori e lavorare sulla rilevanza della marca. Cercando nel frattempo, come dicevo prima, di trovare anche nuove forme di racconto, nuovi linguaggi, per supportare anche quei brand che vogliono lanciare il loro messaggio attraverso contenuti realizzati ad hoc. Un aiuto ci viene in questo senso dal digitale: i nostri editori come Mondadori, con le rubriche come Giallo Zafferano e My Personal Trainer, che come sottolineava Federica sono esplosi a livello di ascolti, stanno creando pacchetti ad hoc per intrattenere il pubblico. Per il futuro, vedo una grande sinergia, in fase di ideazione e lavorazione, tra contenuti digital e lanci televisivi. È ovvio che in questa prima fase di gestione dell’emergenza siamo focalizzati sulla difesa della cosiddetta pubblicità tabellare, ma stiamo anche progettando nuove strategie e forme per i progetti speciali.

E, parlando di strategia, cosa possono fare quindi, nel dettaglio, i brand oggi e cosa dovranno fare domani? 

Federica: Oggi, nel pieno della crisi, non rimane che valutare l’impatto delle restrizioni sociali e ridefinire il ruolo della comunicazione. E questo significa: capire come cambia la spesa del consumatore nello short-term; fare una selezione dei touchpoint a seconda della nuova consumer journey, dal momento che siamo passati da un mondo fisico a uno digitale e da un mondo estremamente vincolato all’intrattenimento a un mondo quasi prettamente informativo; ripensare a tutto il media mix dei mezzi di comunicazione in un ambito domestico; riuscire ad adattare le comunicazioni in real time, definendo il miglior contesto, che significa linguaggio e tono di voce, secondo il sentiment del consumatore. Nella fase di recovering invece i brand dovranno ricominciare a rafforzare la loro share of voice, dal momento che ci saranno marche che ne avranno acquisita ma anche marche che ne avranno persa. Dovremo quindiattivare diverse tipologie di marketing tools per capire il cambiamento delle diverse tipologie dei consumatori e come fare a ricostruire le relazioni con la marca. Da questo punto di vista gli strumenti digitali come Analitycs o le DMP saranno di grandissimo aiuto. Bisognerà poi costruire un nuovo media mix, che vedrà nel momento del recovering un grande ritorno verso il mondo della live communication e degli eventi: le persone, seppur spaventate all’inizio, avranno voglia di vivere, di uscire di casa; il territorio avrà una grande importanza, un ruolo centrale. Anche se, ovviamente, i grandi eventi soffriranno ancora a lungo questa situazione. Il primo passo nella nuova normalità, che speriamo essere nel 4Q, sarà ricostruirsi un vantaggio competitivo, attraverso attività di CRM: una marca perderà clienti ottenendone di nuovi, e quindi dovrà segmentare meglio i suoi consumatori cercando di valorizzare quelli ad alto valore aggiunto. Ad esempio, il mondo dei Senior e degli adulti sarà per alcuni brand un ampio bacino di nuovi clienti, che si potrà cominciare a presidiare anche in logica digitale. Oggi la situazione attuale ci sta insegnando che le soluzioni più forti saranno quelle omnichannel: fisico e digitale possono convivere pacificamente.

L’ultima domanda che voglio fare a entrambi riguarda più propriamente il contenuto: quello che come Osservatorio percepiamo è che stia ritornando centrale una modalità di comunicazione di tipo valoriale e una forma di storytelling che racconti in modo più profondo e completo la marca. Che ruolo ha quindi il Branded Entertainment in questo momento? 

Federica: Fondamentale. Adesso le persone cercano contenuti per riempire la propria quotidianità. Questo in termini di marketing e comunicazione si traduce in una narrativa che sia vicina, centralizzata attorno al sentiment del consumatore. Questo momento storico ci sta facendo riscoprire quegli atteggiamenti, quei valori qualitativi che forse avevamo dimenticato.

Pietro: In questo momento l’unico ostacolo all’esplosione dello storytelling attraverso il Branded Entertainment è la difficoltà produttiva. E questo lo dimostra la crescita di progetti digital, dove la produzione casalinga è già stata sdoganata. La necessità di comunicare oggi è assolutamente valoriale, e questo tipo di comunicazione lo si realizza soprattutto attraverso il Branded Entertainment.

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