Il Branded Entertainment è oggi un tassello di rilievo nelle strategie di marketing e comunicazione. Secondo la definizione identificata daOBE – Osservatorio Branded Entertainment, con il Ce.RTA dell’Università Cattolica di Milano, ci troviamo di fronte a un “prodotto editoriale ideato, realizzato e finanziato da un brand, e finalizzato a intrattenere un pubblico-target in modo coerente, tanto con i valori e gli obiettivi del brand quanto con gli elementi caratteristici della piattaforma”. Proprio il suo valore intrattenitivo intrinseco si sposa perfettamente con i recenti dati del Report ComScore‘L’Entertainment nel 2022’: ‘Sono39 milioni i visitatori ad aver fatto accesso a siti o mobile app della categoria Entertainment”.
Da Enea agli Avatar
Per quanto le strategie di BE siano crescenti (ben3.000 casi raccolti nel Monitor OBE dal 2014), nella letteratura di settore si ritrovano ancora pochi affondi. Eppure il BE è una forma espressiva che ha radici storiche lontane.
Siamo in Italia nel 29 a.C., dopo la caduta della Repubblica e la conseguente guerra civile: l’imperatore Augusto, per riportare alla luce i valori morali tradizionali della società romana e legittimare, al contempo, la propria autorità, commissiona a Virgilio l’Eneide.
Una storia implicitamente brandizzata per se stesso, dove, enfatizzando il comune lignaggio con Augusto, l’eroe troiano Enea, ritratto come leale capostipite della Gens Iulia, nella sua discesa nel mondo dei morti riceve una profezia sulla futura grandezza dei suoi imperiali discendenti.
Venendo alla storia più recente, negli Stati Uniti, verso il 1930,P&G dà vita alla prima forma di soap opera radiofonica, che apre la strada a un’innovativa intersezione fra brand, media e contenuti. Anche in Italia, nello stesso periodo, si registra il primo successo di massa nazionale: è il serial radiofonico ‘I Quattro Moschettieri’,
parodia del romanzo di Dumas per via dell’aggiunta di personaggi e situazioni improbabili legati alla cultura popolare dell’epoca.
Ogni domenica centinaia di migliaia di Italiani si mettono all’ascolto del programma, invitati, attraverso una forma primordiale di call to action, a collezionare le figurine dei protagonisti del serial presenti nei prodotti Perugina-Buitoni. Il progetto, oltre alla geniale intuizione multimediale pack + radio, inaugura una forma di intrattenimento che incrementa gli abbonamenti all’allora Eiar – Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, e le vendite dei prodotti reclamizzati.
Oggi, rispetto all’advertising, alle sponsorship e al product placement, il BE presenta caratteristiche peculiari. In primo luogo, una decisa focalizzazione sui valori del brand: la sua forza è saper creare uno storytelling che attiva una connessione profonda tra storia e valori di marca. In secondo luogo, da un punto di vista strategico, un’attitudine a integrarsi agilmente nel piano di comunicazione di un brand. Infine, se correttamente costruito, può dialogare in modo tempestivo con il contesto.
10 tendenze del BE secondo OBE
I temi chiave che potranno avere impatti significativi sulle future strategie di branding:
1 – Il ‘glossy’ non è più cool, la realtà prende voce e abbatte i taboo: assistiamo a una progressiva quotidianizzazione della comunicazione dei brand, che seguono o traggono ispirazione dagli eventi socio-politici e dalla vita reale delle persone. Realtà, non più fiction: autenticità e trasparenza diventano dei must. Una maggiore libertà di pensiero si fa largo in particolar modo nei progetti di BE nel trattare agilmente argomenti un tempo considerati scomodi o inopportuni. Dai primi ‘esperimenti sociali’ di Dove‘Real Beauty’, fino ad arrivare alla straordinaria case di Spinneys, ‘The bread exam’, emerge come siano presenti tematiche difficili da affrontare nei media mainstream, ma ormai troppo rilevanti per non essere raccontate.
2 – La rivincita del coraggio in comunicazione: stiamo assistendo a un’evoluzione dei contenuti, anche grazie a tempi e formati più lunghi, e a tecniche narrative diverse, decisamente piùf lessibilie affini al BE. Questo permette ai brand di raccontarsi in modo più coraggioso: di ironizzare, prendere posizioni difficili esperimentare. È questo il caso di Tavernello, che costruisce un inusuale contenuto partendo dai pregiudizi negativi sul brand, raccontati con grande trasparenza.
3 – Ibridazione vincente tra Adv e BE: la progressiva evoluzione del linguaggio pubblicitario e la crescita di formule in stile long form e slow adv stanno portando alla costruzione di progetti che diluiscono e rendono meno netti i confini fra Adv e BE.
Aumentano, così, i contenuti che, sfruttando tempi più lunghi, possono sia arricchire le logiche di storytelling già insite nel mondo adv, sia vivere nei break con dei cut. Emerge, inoltre, l’utilizzo innovativo degli spazi pubblicitari, una sorta di back to Carosello. Emblematico, al proposito, lo short film Ugo di Mutti, andato in onda prima della semifinale di Coppa Italia: un evento unico, in termini di media planning, per la sua durata di 5’ in prime time. Narrazioni che si nutrono, in modo efficace, dell’expertise di entrambi i mondi.
4 – Intrattenimento al servizio dell’heritage: il BE, in virtù di un dna votato alla narrazione di valori senza particolari limiti di tempo, tra digital e format tv, permette di trattare in modo efficace contenuti che hanno come punto di partenza le grandi storie di marca o episodi che, inseriti in contesti temporali diversi, ne raccontano tradizioni e heritage. Da ‘Berta Benz’, ‘Carebonara’ e ‘Caserta Palace Dream’ nel digital, fino a ‘La signora dei Baci’ a ‘Enrico Piaggio’ nella fiction.
5 – L’entertaining allarga i confini: le pratiche narrative di BE mostrano quanto oggi l’intrattenimento possa pervadere anche momenti di comunicazione dell’azienda di solito più tecnici o istituzionali senza snaturarne la missione e gli obiettivi principali. Ecco la scelta di Maserati di affidare a un corto l’unveal della nuova Grecale: un’innovativa narrazione che fonde contenuti tecnici con la componente entertaining, affiancando Matilda De Angelis e Alessandro Borghi, Ambassador del Brand, al vero protagonista, Klaus Busse, Maserati Head of Design.
6 – Coopetition is the new black: una ricerca di Wunderman Thomson indica come in US l’82% dei GenZ chieda ai brand di collaborare fra loro per un purpose comune, oltre le logiche competitive. Nuove forme di cooperazione, tra co-branding e open innovation, che rivalutano la portata delle partnership, considerate una strategia sempre più efficace per valorizzare l’equity di brand. Succede anche in mercati come quelli della moda e del lusso che temevano l’effetto watering, come nella case di The North Face x Gucci, ma si tratta di un fenomeno che permea molti settori merceologici. La fusione valoriale di brand diversi, ma con medesimi orientamenti e sfide trova nel BE un alveo ideale per la creazione di inedite strategie collaborative: ‘It’s on us’ di Dove, ‘The Hiring Chain’ di CoorDown e ‘#stealourstaff’ di Beco, tra gli esempi interessanti.
7 – Narrare il lato concreto del brand activism: in un’epoca caratterizzata da spazi spesso lasciati vuoti dalla ‘politica’, in senso ampio, si fa strada l’attivismo dei brand: un fattore essenziale per la reputazione delle aziende capaci di prendere posizioni reali e operare, di conseguenza, con un forte allineamento al purpose. I consumatori sono oggi più abili nel soppesare le vere attività di csr o sostenibilità, scartando o premiando i brand. Il BE diventa un’efficace strategia narrativa per raccontare, con profondità, ragioni, sfide e azioni concrete realizzate in questi ambiti, come mostra Patagonia.
8 – BE come megafono del rinascimento dell’audio: da sempre radio, musica e, più recentemente, podcast sono capaci di raccontare storie con un’elevata dose di creatività, costruendo una forte connessione emotiva con chi ascolta. E proprio la musica è oggi tra le forme di intrattenimento più rilevanti, con Spotify che ha raggiunto un livello di penetrazione del 31% (ComScore 2022). La duttilità del BE consente ai brand di inserirsi anche qui, sviluppando strategie di comunicazione audio based, come successo nello straordinario esempio Coca-Cola ‘Mille’. Lo stesso vale per i podcast, in crescita esponenziale e che si prestano a costruire chunk di narrazione al servizio sia della comunicazione esterna sia dell’internal branding.
9 – Nuove frontiere dei media: a differenza dell’adv, che costruisce storie on e offline secondo logiche multicanale, ma abbastanza rigide, il BE può dare vita a nuovi linguaggi e modalità di narrazione, adattandosi come ‘la forma dell’acqua’ all’evolvere dei nuovi media, sfruttandone al meglio peculiarità e potenzialità. Partendo dal gaming si arriva al Metaverso, che mette a disposizione dei brand luoghi in cui poter interagire, creare, attivare nuove leve di business. Significativi gli esempi di Benetton Island o di Gucci Island, ma anche The New Virtual Heineken Silver, con cui il brand ha realizzato un birrificio nel Metaverso. Un innovativo spazio per degustazioni virtuali su Decentraland, a dimostrazione di come, tra mondo reale e virtuale, non ci sia soluzione di continuità. New media che consentono di parlare anche di sostenibilità, brand activism e purpose, come dimostra Decathlon con The breakaway.
10 – Higher & higher, nel BE cresce la qualità tecnica e narra- tiva: grazie al BE i brand possono oggi sperimentare linguaggi di comunicazione che puntano al coinvolgimento dell’audience più che alle vendite di prodotto. Un nuovo ecosistema legato alla produzione di contenuti di sempre maggiore qualità tecnica e narrativa, con il ritorno dei registi famosi, come fu per Carosello, e la presenza di autori e sceneggiatori che, con la loro professionalità, danno vita a nuovi e sempre più evoluti oggetti di intrattenimento.
Conclusioni
In conclusione, lo storytelling alla base del BE agevola una nar- razione di marca transmediale. Se pensiamo allo statement ‘everything is media’, raccontare il brand con un’unica grande narrazione diventa ancora più rilevante per costruire un posizionamento originale e distintivo. Colmando, però, due gap: quello della strategia, perché, nonostante il BE sia considerato da tantissimi brand una leva strategica, viene spesso utilizzato in modo tattico; e quello della governance, visto che filiera e processi legati al BE non sono ancora fluidi e definiti.
Articolo pubblicato su NC SPECIALE ’20 E ALTRI 20’, a cura di Anna Vitiello, OBE Academy director, e Patrizia Musso, OBE Academy board member