Branded Entertainment: largo a eventi e sponsorizzazioni

Lo scorso febbraio, come ogni anno, immancabile, è arrivato l’appuntamento con uno degli eventi di intrattenimento più noti del panorama mass mediale italiano: il Festival di Sanremo. Giunto alla sua 69° edizione, l’appuntamento canoro, a latere della gara musicale, è ormai diventato a tutti gli effetti uno sfidante palcoscenico per l’immagine delle aziende. 

Secondo quanto dichiarato dal direttore di Rai1 Teresa de Santis, quest’anno il Festival ha registrato un nuovo record della raccolta pubblicitaria: “Tra i 28 e i 29 milioni, almeno 3 più dello scorso anno”. Ecco spiegato l’oggettivo aumento di contenuti brandizzati trasmessi durante il Festival per ingaggiare, on e offline, un pubblico sempre più “liquido”, esigente e a caccia di novità.  

Ecco il perché della nostra scelta di osservare la kermesse musicale analizzandola come un interessante banco di prova del ricorso a progetti di branded entertainment e indagando da vicino alcuni case. Cominciamo a farlo innanzitutto attraverso lo sguardo di Radio Italia, al trentunesimo anno consecutivo di dirette dal Festival di Sanremo in ottica decisamente multicanale, tra radio, tv, sito e social. Come ci racconta Marco Pontini, Vice Presidente di Radio Italia: “Da un punto di vista commerciale, rispetto allo scorso anno, i progetti di BE sono risultati in aumento sia dal punto di vista quantitativo (n.d.r. si parla di un fatturato doppio rispetto al 2018), sia qualitativo, con ritorni elevati, in termini di visibilità, per i brand. Sono diversi i marchi che hanno rinnovato la collaborazione con Radio Italia per la creazione di progetti ad hoc di BE. È il caso di Lancôme, Disney, Fujitsu e Sisal. Sono state attivate anche collaborazioni con nuovi brand interessati a utilizzare logiche di BE, come ad esempio nel caso di Fastweb”. 

Per quanto riguarda il noto brand di make up – già title sponsor 2018 del “Fuori Sanremo by Lancôme”, con una location allestita presso il Grand Hotel De Londres – sono stati realizzati dei “beauty breakfast” con alcune influencer truccate per l’occasione con i prodotti del brand, con rilancio live su vari canali social. Lato Disney, invece, è stato coinvolto l’influencer Gordon che, per il lancio di tre film della major – Il re leone, Dumbo e Alladin ha intervistato tutti i cantanti rispetto ai loro cult movie. Infine, nel progetto di BE ideato con Fastweb, il noto atleta velocista Filippo Tortu, attuale testimonial del brand, ma anche grande appassionato di musica italiana, si è calato nei panni di inedito intervistatore di diversi cantanti, fra cui la sua beniamina Patty Pravo. 

“L’elemento che accomuna questi diversi casi – afferma Pontini riguarda proprio il DNA del BE, capace di unire i valori di ciascun brand a contenuti di intrattenimento ideati ad hoc e mettendo in contatto aziende e ascoltatori di Radio Italia in modo coerente attraverso tutte le leve di comunicazione on e offline. Ha poi giocato un ruolo importante il legame affettivo creatosi fra il nostro canale, il brand e il pubblico, nutrito a più livelli proprio dalla musica”.

Il branded entertainment, forte della propria naturale, rilevante componente intrattenitiva, che lo distingue dai “cugini dell’ADV” (dai più classici spot alle iniziative speciali), sembra quindi proporsi come alleato efficace per eventi e sponsorizzazioni. Oltre ai progetti legati a Sanremo 2019, vogliamo citare anche un caso estratto dal Monitor OBE: si tratta del video che ha ripreso il battesimo, nel luglio 2018, davanti a migliaia di persone, dell’Assistente Google, contenuto legato alla sponsorship della data conclusiva della tournée di Fedez e JAx a San Siro.

Sebbene all’interno del Monitor OBE i progetti di BE legati a eventi e sponsorizzazioni siano in aumento, registrando al contempo una crescita degli investimenti dedicati, non raggiungono ancora quote emblematiche da un punto di vista quantitativo. Sono però sicuramente meritevoli di attenzione sul versante qualitativo. Come racconta Ludovica Federighi, Head of Fuse – Omnicom Media Group Italy: “FUSE ha più che raddoppiato nel 2018 le revenues derivanti da progetti di BE collegati a sponsorizzazioni di eventi tv, sportivi o musicali. Il BE, in tutte le sue molteplici declinazioni, non è più solo un valore aggiunto, una nota colorata nella monocroma sinfonia della pianificazione classica. Dall’interno di una grande agenzia di comunicazione come Omnicom la visuale è ampia e, sempre più spesso, si avverte in modo chiaro la necessità e la volontà forte dei brand di costruire intere strategie intorno a progetti di BE. Il problema è che intrattenere le persone significa cambiare radicalmente il pensiero che sta alla base della comunicazione di marca: non costringiamo le persone a subire i nostri messaggi, piuttosto creiamo contenuti che siano rilevanti per le persone. Sembra tutto sommato abbastanza semplice, se non fosse che intrattenere, educare, informare un pubblico sono attività che prevedono competenze diverse da quelle tradizionalmente messe in opera dal marketing”. 

Nella complessità che caratterizza questo scenario, il BE mostra la sua capacità di essere, come sostiene Federighi, “la chiave di volta, utile non solo per soddisfare obiettivi di corporate equity, ma anche per migliorare l’immagine di marca, generare contenuti interessanti ed emozionanti. La prima attività di agenzie come la nostra è quella di fare consulenza e di offrire competenze specifiche su progetti estremamente articolati come questi. Eventi e sponsorship sono degli strumenti di marketing molto potenti, soprattutto quando l’obiettivo è associare il brand a un tema forte, una causa sociale, un mondo di riferimento: in sintesi, quando si vuole diventare rilevanti per una tribe, più che comunicare a un target. E ricordiamoci che le parole target, campagna, strategia, parte del gergo guerresco medievale pubblicitario, sono usate impropriamente: la guerra ormai è persa, il pubblico ha vinto e ora sta a noi imparare un nuovo linguaggio, dove non si parli di colpire e affondare, ma di farsi amare e di diventare dei punti di riferimento positivi”.

Sullo sfondo di uno scenario che vede consolidarsi lo sviluppo del BE on e off line, è presente uno snodo critico che OBE sta tenendo sotto osservazione: la valutazione dell’efficacia del BE, con KPI ideati ad hoc. Proprio in relazione al settore eventi e sponsorizzazioni, come afferma Federighi: “Una sponsorship – magari non solo sportiva e magari non solo di una squadra di Serie A … – potrebbe essere un ottimo starting point per costruire numerosi contenuti di stampo BE e portare a terra un concept creativo che altrimenti rimarrebbe pura teoria. Mentre la sponsorship fino a poco tempo fa veniva vissuta solo come una forma di mecenatismo, un approccio filantropico utile ma non equiparabile, in termini di resa, agli investimenti media, oggi può essere invece sfruttata come uno degli asset più forti per un brand. Le condizioni affinché questo tipo di investimenti siano efficaci sono la definizione di chiari indicatori di performance, gli obiettivi, quindi, del progetto: la misurazione e valutazione di questi progetti diventano facili e non particolarmente costose se a monte si sono saputi definire i KPI. Oltre a ciò, serve competenza nel saper declinare tutte le possibili opportunità offerte dalla sponsorship, per creare così piattaforme integrate che uniscano un regalo ‘puro’ fatto al pubblico alla generazione di contenuti, alle occasioni di condivisione, fino ad arrivare alla lead generation o al sampling /vendita di prodotto”. 

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