Branded content & entertainment nel 2016: le tendenze e i temi-chiave dell’anno

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Più che mai nel 2016 il Branded Content & Entertainment si è rivelato un protagonista straordinario dell’advertising, con progetti emozionanti, coinvolgenti ed efficaci. Ma quali sono state le principali tendenze dell’anno che sta per chiudersi?

OBE ha analizzato a livello tematico i migliori progetti del 2016, facendo emergere come principale tra le categorie trattate la propensione dei brand a proporsi come protettori e veicoli di valori condivisi.

Ciò anche perché, come ricorda il Chief Marketing and Communication Officer di Unilever, Keith Weed, il consumatore odierno – specialmente i millennials – è ogni giorno più pronto a premiare una comunicazione fatta di autenticità e responsabilità piuttosto che di artifici pubblicitari. E in questo senso si sono distinte le ‘campagne’ di quei brand che hanno con maggiore audacia situato la loro comunicazione nell’area dei family values, così come in quella della lotta agli stereotipi, entrambe in grado di intercettare sensibilità molto diffuse.Un’altra area tematica in sviluppo è quella delle sfide (daring), capace di mettere in mostra – anche attraverso l’autoironia e la comicità (ne abbiamo recentemente discusso anche a proposito di Eurobest 2016) – i valori più saldi del brand. Una quarta area tematica molto utilizzata nel BC&E anche quest’anno –  quasi abusata potremmo dire – è quella del “Cry&Buy”, che, in concomitanza con il Natale, ci fornisce i suoi esempi più eclatanti. Per capire se si tratta di veri e propri trend, con una tendenza perlomeno di medio corso, abbiamo consultato i nostri archivi ed è stato interessante verificare che alcuni segni prodromici esistevano già (per questo troverete inseriti nello studio a volte dei casi relativi agli ultimi 2 anni)

Questo articolo esamina questi ‘cultural trends’ nel dettaglio, a partire dai progetti individuati quest’anno da OBE come i più rappresentativi per ogni categoria.

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Più che mai nel 2016 il Branded Content & Entertainment si è rivelato un protagonista straordinario dell’advertising, con progetti emozionanti, coinvolgenti ed efficaci. Ma quali sono state le principali tendenze dell’anno che sta per chiudersi?

OBE ha analizzato a livello tematico i migliori progetti del 2016, facendo emergere come principale tra le categorie trattate la propensione dei brand a proporsi come protettori e veicoli di valori condivisi.

Ciò anche perché, come ricorda il Chief Marketing and Communication Officer di Unilever, Keith Weed, il consumatore odierno – specialmente i millennials – è ogni giorno più pronto a premiare una comunicazione fatta di autenticità e responsabilità piuttosto che di artifici pubblicitari. E in questo senso si sono distinte le ‘campagne’ di quei brand che hanno con maggiore audacia situato la loro comunicazione nell’area dei family values, così come in quella della lotta agli stereotipi, entrambe in grado di intercettare sensibilità molto diffuse.Un’altra area tematica in sviluppo è quella delle sfide (daring), capace di mettere in mostra – anche attraverso l’autoironia e la comicità (ne abbiamo recentemente discusso anche a proposito di Eurobest 2016) – i valori più saldi del brand. Una quarta area tematica molto utilizzata nel BC&E anche quest’anno –  quasi abusata potremmo dire – è quella del “Cry&Buy”, che, in concomitanza con il Natale, ci fornisce i suoi esempi più eclatanti. Per capire se si tratta di veri e propri trend, con una tendenza perlomeno di medio corso, abbiamo consultato i nostri archivi ed è stato interessante verificare che alcuni segni prodromici esistevano già (per questo troverete inseriti nello studio a volte dei casi relativi agli ultimi 2 anni)

Questo articolo esamina questi ‘cultural trends’ nel dettaglio, a partire dai progetti individuati quest’anno da OBE come i più rappresentativi per ogni categoria.

FAMILY VALUES

L’abitudine ad attingere ai “family values”, tema storicamente molto navigato dall’advertising, viene rinnovato da alcune aziende, che, piuttosto che riflettere passivamente la cultura mainstream del proprio target, decidono di definire nuovi orizzonti culturali, sensibilizzando l’opinione pubblica su un malcostume particolarmente pertinente al prodotto.

OMO/PERSIL – FREE THE KIDS (UK)

Un esempio saliente è quello di Persil, che realizza insieme all’agenzia Mullenlowe London il cortometraggio ‘Free the kids’ in seno alla campagna ‘Dirty is Good’. Obiettivo del progetto è sensibilizzare i genitori sull’importanza di far giocare all’aria aperta i bambini. L’idea nasce, d’altra parte, dai risultati di una ricerca internazionale condotta dall’azienda, dalla quale è emerso un vertiginoso declino delle ore spese dai bambini nel gioco all’aria aperta. Lo spunto creativo, di forte impatto, è stato quindi quello di paragonare la ‘clausura’ dei bambini con la prigionia dei carcerati, dimostrando che questi ultimi trascorrono all’aria aperta circa il doppio di quanto facciano i più piccoli. Per avvalorare il significato di questa campagna l’azienda si è avvalsa della consulenza di uno tra i più illuminati pedagoghi a livello mondiale: Sir Ken Robinson, il cui più grande merito è di aver messo in evidenza il ruolo della diversità e della creatività nella fase di apprendimento.

Persil Dirty is Good

Caso emblematico di comunicazione che riunisce efficacia, drammatizzazione e responsabilizzazione del brand rispetto a temi sociali molto sentiti, la campagna di Persil è valsa a Mullenlowe London 4 Cannes Lions: un silver per la categoria ‘Print and Publishing’ e tre bronze per ‘Integrated’ e ‘Outdoor’.

 

LEGO CITY – A GIFT FOR THE IMAGINATION (SINGAPORE)

Sul rapporto genitori-figli si incentra anche l’iniziativa di Lego, “A Gift for the Imagination, che a Taipei, una delle città lavorativamente più frenetica al mondo, si fa carico di rafforzare il rapporto tra il piccolo Hsiao e suo padre. Nel caso di Lego il brand si è assunto la responsabilità di offrire spazi e mezzi per far giungere la fantasia e la creatività di Hsiao alle orecchie di chiunque, comprese quelle di un indaffaratissimo padre. La campagna Lego City, realizzata da Iris Singapore, coglie senza dubbio il cuore del destinatario, mettendo in atto una comunicazione virale, potente e efficacissima, implementata in una veste cross-mediale di sicuro interesse. Ma sono senza dubbio le tematiche a garantirne la forza, laddove il brand sa calarsi nei panni di un vero e proprio mediatore sociale, in grado di ridare per poche ore a un bambino quell’attenzione verso la sua infanzia che la società gli ha sottratto.

 

AT&T – THE UNSEEN (USA)

Il breve cortometraggio The Unseen, realizzato da BBDO New York per  AT&T, prosegue la comunicazione di uno slogan ormai consolidato, “It can wait”, che la compagnia telefonica fa suo da circa 6 anni per combattere il fenomeno dell’utilizzo degli smartphone alla guida. Nel 2015 era già apparso il drammatico Close to home, che metteva in scena il tragico incidente causato da una notifica di un cellulare. In “The Unseen”, premiato al Ciclope Festival 2016 e incoronato “YouTube Ads of the Year” 2016, vediamo stavolta un padre responsabile, che nonostante sia chiamato da una moglie in ansia per la scomparsa del cane di famiglia, prosegue responsabilmente a guidare accompagnando le sue figlie a una festa. Per poi trovare nella propria auto una volto solo, una vera e propria apparizione sovrannaturale alla ‘6th sense’.

La responsabilità di cui AT&T si fa portatore gioca qui con un contrasto abbastanza classico e utilizzato nell’advertising contemporaneo: quello di una campagna che invita a porre dei limiti all’utilizzo del prodotto stesso che pubblicizza. Rispetto al precedente “Close to home”, il cortometraggio mette da parte l’effetto-shock impiegato in passato, e ciò che ne risulta è una comunicazione effettivamente più autentica e meno contraffatta della precedenti.

 

VODAFONE ROMANIA – SUNDAY GRANNIES (ROMANIA)

Il mondo delle telecomunicazioni, in grado di connettere persone e storie in tutto il mondo, è senz’altro uno dei più pronti a sperimentare l’efficacia del branded content & entertainment. Vale la pena, per questo, ritornare indietro al 2015, per rivedere il vincente progetto di Sunday Grannies, con il quale Vodafone Romania ha dato un volto e una voce a quell’altissima percentuale (40%) di anziani che, in Romania, vive in solitudine. L’iniziativa di Vodafone ha così portato queste dolci nonnine di fronte alla platea del web, facendone delle autentiche star dei social network. L’interessante idea, realizzata da McCann Bucharest e premiata come campagna dell’anno al Festival of Media Global Awards 2016, intercetta qui un altro caposaldo della vita familiare, la terza età, che si dimostra un’arma comunicativa di sicura efficacia – il recente successo raggiunto da Edeka con il suo Home for Christmas (vedi speciale Eurobest 2016), che ha strappato milioni di lacrime in tutto il mondo portando il marchio della ditta di supermercati tedesca davvero ovunque, ne è a conferma.

 

STEREOTYPES 

Tradizione e valori familiari sono importanti, ma richiedono di essere posti in continuità con i grandi temi sociali del momento, primo fra tutti quello della rottura degli stereotipi di genere. I brand che hanno intercettato un movimento ‘dal basso’ nella lotta contro gli stereotipi (di genere, razza, convenzioni etc.) e lo hanno portato sotto i riflettori della pubblica opinione, hanno spesso utilizzato forme di BC&E ingaggianti.

ARIEL / P&G INDIA – SHARE THE LOAD (INDIA)

Con l’obiettivo di trasformare il marchio in un “brand for people like me” Ariel Matic (P&G India) ha lanciato tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 la campagna ‘Share the Load’ (vincitrice dei Global Facebook Awards 2016 e dei 2016 APAC Effie Awards). Nata da un insight emerso da una ricerca condotta in India da Nielsen, il progetto poggia su un interrogativo semplice quanto fondamentale: “why is laundry a woman’s job?”. L’agenzia DDBO Mumbai ha utilizzato, così, uno degli stereotipi più diffusi nelle famiglie indiane, motivo di ineguaglianza nonostante molte donne nei centri urbani siano emancipate, lavorino fuori casa e contribuiscano al reddito famigliare, trasformandolo in una vera e propria ‘causa’ o movimento. Oltre ad utilizzare i media ‘classici’, l’agenzia ha coinvolto stilisti e produttori e alcuni tra i principali fashion brands (American Crew, Shoppers Stop e la stilista Masaba Gupta) creando alcune versioni originali e divertenti delle etichette destinante ai consigli per il lavaggio inserendo un avviso: “This fabric can be washed by both Men and Women”. Grazie al coinvolgimento di molti opinion leaders, celebrities, cricketers, Ariel è riuscito letteralmente a influenzare l’approccio culturale a un tabù e, contemporaneamente a migliorare la percezione del proprio brand presso il target (vicinanza, identità), incrementandone le vendite (+ 60% yoy).

 

DOVE – MY BEAUTY MY SAY (UK)

Chi da alcuni anni ha fatto della lotta allo stereotipo di genere, superando il mero valore estetico dell’identità femminile e della bellezza, è sicuramente Dove, che ci ha già stupito con i suoi Real Beauty Sketches. Con My Beauty My Say, realizzato da Olvigy&Mather, Havas, Edelman per l’azienda del gruppo Unilever, Dove cerca di contrastare una tendenza emersa da uno studio secondo il quale 7 donne su 10 sono convinte di poter ricevere complimenti per il loro look più di quanto possano riceverne per i loro traguardi professionali. La carrellata di figure femminili alternative presentata da Dove fa suo, così, un messaggio di liberazione della donna dagli stereotipi che la avviluppano nella vita di tutti i giorni, infrangendo la categoria stessa del “normale”.

 

SPORT ENGLAND – THIS GIRL CAN (UK)

Non distante dai temi di Dove anche la campagna di Sport England, istituzione inglese che si occupa di diffondere la cultura sportiva in Inghilterra. L’iniziativa This girl can, realizzata da FBC Inferno London tra il 2015 e il 2016 e vincitrice di un Glass Lion ai Cannes Lions, nasce in risposta ai risultati di uno studio, dal quale è emerso che molte donne inglesi rinunciano a praticare sport e esercizio fisico per timore di essere giudicate, sia dal punto di vista fisico che da quello morale. La campagna mette insieme una serie di immagini che ritraggono donne che praticano sport senza timore di risultare goffe, sudate, fuori forma o poco responsabili nel dedicare tempo a se stesse. Anche in questo caso Sport England gioca con temi molto sentiti ma sopratutto si fa responsabile (questo è d’altra parte il suo compito) di una situazione sociale, veicolando un vero e proprio insieme di valori e trasformazioni che si percepiscono ogni giorno di più come inevitabili e fondamentali per i giorni a venire.

 

LUXOTTICA – #ITTAKESCOURAGE (ITALIA / USA)

Gli occhiali da sole, si sa, possono servire a coprire uno sguardo timido, e anche per questo Luxottica ha scelto di dedicare le sue campagne al tema del coraggio, invitando chi veste Ray-Ban a non nascondersi nelle battaglie di tutti i giorni. In questo documentario girato da Jason Miller e parte della campagna “Face Critics”, Luxottica porta come testimonial la band americana dei Deafheaven, gruppo che si ispira a un black metal estremo, rifiutando però di seguirne le regole e, non considerando il parere di critici e puristi, è rimasta negli anni fedele a se stessa. I Deafheaven sono qui presentati come un emblema di un pensiero libero e indipendente dagli stereotipi che si solidificano persino nel mondo di una musica trasgressiva come il black metal.

 

CRY & BUY

Altro grande classico, quello del cosiddetto ‘cry and buy’ (piangi e compra) che tocca il suo apice, ça va sans dire, durante il periodo  natalizio. Al contrario delle operazioni sopra descritte, ci troviamo qui di fronte a un diretto utilizzo – a volte strumentale – di temi sociali, emozionali e valoriali da parte dell’azienda. Operazioni a volte di grande successo, ma non necessariamente capaci di creare con il consumatore quel rapporto di fiducia e autenticità generato da altre strategie comunicative.

 

JOHN LEWIS – MAN ON THE MOON (UK)

A realizzare un’efficace sintesi iconografica del genere è stata, nel 2015-2016, l’azienda inglese di retail John Lewis (ormai celebre in Inghilterra per i suoi spot natalizi). Il suo bel corto  Man on the Moon, che ha raccolto sul web un’eco di ben 23mila menzioni social in sole due ore, racconta la storia di una bambina e di un solitario anziano che vive sulla Luna. La campagna mette insieme molti elementi tipici del clima Natalizio, con un buon risultato estetico e emotivo, anche grazie a una realizzazione qualitativamente molto alta, degna di un vero e proprio prodotto cinematografico. Non sono mancate, però, polemiche e malumori, per quello che è stato etichettato (e come dargli torto) come un caso esemplare di “sadvertising”. Toni tristi e malinconici possono senz’altro colpire la sensibilità dei più, ma puntano tutto su temi piuttosto facili, spesso limitandosi a strumentalizzarli. Sarà anche per questo che per il 2016-2017, John Lewis ha deciso di tornare ai temi del 2014 puntando su una storia più ironica e divertente, “Buster the Boxer”, con protagonista un vivace cane boxer e un regalo speciale ricevuto da una bambina per Natale (ma anche in questo caso siamo di fronte a una comunicazione piuttosto zuccherosa).

 

SAINSBURY’S – MOG’S CHRISTMAS CALAMITY (UK)

A fare scuola nell’ambito del “Cry&Buy” è stata senza dubbio anche la britannica Sainsbury’s, pronta ogni anno a competere con John Lewis per la corona di miglior spot natalizio. Nel 2015-2016 la catena di retail ha augurato buone feste al suo pubblico con un corto ispirato alla favola per bambini di Judith Kerr “Mog’s Christmas Calamity”, che vede protagonista un triste e goffo gattino che rischia di rovinare il Natale alla sua famiglia (qui un bel dietro le quinte della realizzazione). Anche in questo caso il progetto fa leva su toni malinconici, nonché su un mondo domestico e affettivo, ma ha saputo ben sfruttare l’origine letteraria del concept (la fiaba della Kerr), agganciandola a un interessante progetto con Save the Children a sostegno della letteratura per i bambini.

 

SAINSBURY’S – CHRISTMAS IS FOR SHARING (UK)

Giocava invece con il tema, classicissimo, della guerra e della pace natalizia, la campagna realizzata tra il 2014 e il 2015 (a un secolo esatto dallo scoppio della Grande Guerra) ancora per Sainsbury’s da AMV BBDO, in partnership con la Royal British Legion. Christmas is for sharing racconta una storia vera, accaduta oramai un secolo fa tra le trincee della Prima Guerra Mondiale, e si pone tra i suoi obiettivi anche la raccolta di fondi per le forze della Royal British Legion e dei familiari dei soldati. All’accuratezza nella realizzazione del prodotto, si accompagna, anche in questo caso, la scelta di un tema di fondo spontaneamente drammatico, che suona forse un po’ altisonante ma che, senza dubbio, ha saputo cogliere nel segno.

 

HOME FOR CHRISTMAS – EDEKA (GERMANIA)

Il 2016 ha visto, in generale una forte tendenza nell’abbinamento tra retail e spot strappalacrime. A ricordarlo è anche il corto “Home for Christmas, realizzato per la linea di supermercati tedesca Edeka da Jung von Matt e diretto da Alex Feil (premiato con il Gold Eurobest, Bronze Winner per i Clios Awards 2016, Music Grand Prix ai Cannes Lions Entertainment 2016 e Wood Pencil ai D&AD Professional Awards 2016). Il video, di cui avevamo già discusso nello speciale Eurobest è stato distribuito tramite YouTube del Natale 2015 e ha emozionato milioni di persone nel mondo, grazie alla commovente storia di un anziano che, abbandonato dalla sua famiglia a Natale, decide di riunire la sua famiglia fingendo la sua morte. Anche in questo caso si tocca, tramite lo strumento più raffinato del cortometraggio, un’iconografia della sofferenza radicata in profondità, e il brand si offre come vettore di valori familiari, culturali e morali.

 

LOTERÌA DE NAVIDAD – JUSTINO (SPAGNA)

Al tema della solitudine e dell’abbandono si rivolgeva, nel 2015, anche “Justino”, un corto di animazione realizzato da Leo Burnett Madrid per le Lotterie nazionali spagnole. Il cartoon racconta la storia a lieto di fine di Justino, un guardiano notturno di una fabbrica di manichini la cui unica compagnia sono i prodotti che è chiamato a sorvegliare. Gli ingredienti erano già quelli, ora ricorrenti e ancora una volta funzionali, delle narrazioni mainstream: la solitudine natalizia, la speranza, la condivisione sociale e il riscatto conclusivo, di cui il brand si fa portatore e garante.

 

DARING

Se i grandi classici dello storytelling si rivelano ancora armi efficacissime, è pur vero che la sperimentazione coraggiosa resta un compito doveroso dagli esiti talvolta disruptive. Avevamo già avuto occasione di parlarne nello speciale dedicato a Eurobest 2016, e nell’intervista con il giurato della rassegna Ludovica Federighi. alla fine dell’anno ne traiamo una considerazione: osare è importante, e le corde più efficaci da toccare sono senza dubbio quelle dell’ironia fresca e leggera e della comicità (che ritroviamo, non a caso, in “Modern Essential by Beckham” di H&M, progeto che ha trionfato agli Eurobest, come in Erinomanlaiset di ANTTILA, uno dei progetti più apprezzati dalla giuria).

NIKE – UNLIMITED YOU (USA)

Coraggio significa prima di tutto superare i limiti. Ce lo ricorda Nike, con il corto Unlimited You, realizzato da Wieden & Kennedy. Il cortometraggio si concentra sull’opposizione tra possibile e impossibile, attingendo (ovviamente) a un’immaginario sportivo fatto di sogni di infanzia, esercizio e forza di volontà. Un prodotto decisamente spettacolare, tanto nella realizzazione quanto nello stile narrativo, che punta a divertire e emozionare, consolidando l’equazione tra Nike e le sfide sportive più estreme.

 

UBISOFT – NOSULUS RIFT (USA)

Coraggiosa anche l’iniziativa di Microsoft, legata al lancio di “South Park: TFBW”. L’azienda di Bill Gates ha sviluppato per l’occasione Nosulus, una versione “olfattiva” di Oculus Rift, in grado di rilasciare (cattivi) odori in sincronia con quanto avviene sullo schermo del gioco, e la sta testando in speciali fiere ed eventi del mondo dei videogames. L’iniziativa, che si è guadagnata un Silver Eurobest 2016, ha riscosso importanti risultati, specialmente sul web. In questo caso l’arma vincente è quella di un progetto ai limiti del surreale, molto autoironico e fuori dalle righe, che declina in modo originale l’immagine di una company molto “ufficiale” come Microsoft.

 

UBISOFT – PREDICTIVE WORLD (FRANCIA)

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Sempre in ambito di gaming, anche se non sufficientemente compresa (ma per valutarne l’effectiveness sarà necessario attendere ancora qualche mese), segnaliamo l’iniziativa di Ubisoft per il lancio del videogame “WatchDogs 2”. “Predictive World” è un software online che consente di scoprire quali informazioni è possibile ricavare sulla nostra vita a partire dai nostri profili social e soprattutto quali previsioni un’intelligenza artificiale può formulare, incrociando questi dati con le statistiche ricavate dai Big Data, sulle nostre esistenze. Il software consente di formulare predizioni sull’aspettativa di vita, sui guadagni, sulla riuscita professionale e molto altro. Distopico e affascinante, “Predictive World” gioca con i rischi e gli estremi di quella stessa vita digitale e virtuale alla quale Ubisoft si rivolge come produttore di videogiochi (anche online).

 

SWEDISH TOURIST ASSOCIATION – THE SWEDISH NUMBER (SVEZIA)

Premiata con un Gold Eurobest 2016, la campagna The Swedish Number, realizzata da Ingo per la Swedish Tourist Association, è stata probabilmente una delle più creative e sperimentali dell’anno. L’operazione si è incentrata intorno a un numero telefonico svedese, connesso a un’applicazione per smartphone: chiunque, da qualsiasi paese del mondo esclusa la Svezia stessa, avrebbe potuto chiamare il numero ed essere connesso casualmente con sconosciuti cittadini svedesi. Si tratta di un esperimento che non vede precedenti nel settore, e che poteva ottenere esiti straordinari o disastrosi. Alla fine si la campagna si è rivelata un vero successo (l’abbiamo analizzata nello speciale Eurobest 2016), con 189mila chiamate ricevute e una grande risonanza sul web.

 

BURGER KING – MCWHOPPER (USA)

Resta memorabile, per questa categoria, l’idea creativa di Burger King che, in occasione della Giornata Mondiale della Pace del 2015, aveva scelto di tendere la mano al suo più acerrimo nemico, McDonald’s, immaginando il “McWhopper” un prodotto con le migliori caratteristiche dei due marchi. Un’idea che funziona, risultando al tempo stesso ironica, creativa e raffinata. La carta vincente giocata da Burger King è, qui, quella dell’iniziativa: chi tende per primo la mano si fa promotore e portatore di un’idea che lo pone, al confronto con l’altro, su un piano comunicativo e valoriale più alto, pur lanciando un messaggio che supera le ostilità della concorrenza reciproca.

 

AIR NEW ZEALAND – AIR WAGER (NUOVA ZELANDA)

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Sulla stessa linea (e sempre nel 2015) anche l’idea di Air New Zealand, che in occasione della finale di Coppa del Mondo di rugby ha proposto all’avversaria australiana Qantas uno “scambio di maglie”. Qantas avrebbe supportato la Nuova Zelanda colorando di nero i propri velivoli, mentre Air New Zeland avrebbe sostenuto i “canguri” con una scritta sul fianco dei suoi aerei. Non diversamente dal caso “McWhopper”, l’iniziativa suona al tempo stesso ironica e quasi provocatoria, giocando però sagacemente sulla rottura di una contrapposizione tradizionale.

CONCLUSIONI

Quali sono, in conclusione e in sintesi, i temi impiegati con maggior efficacia dal mercato del bc&e del 2016? Appare evidente che la maggioranza delle campagne si muova nel solco, sempre più profondo, dell’etica del brand, in grado di fare della marca un portatore di responsabilità sociali e di sostenibilità. Operazione che ha come esito risultati interessanti (vedi specialmente Persil, Lego, Vodafone, Ariel), ma anche l’emersione di un certo “manierismo” pubblicitario, molto compiaciuto nel giocare con tematiche più che classiche, socialmente sentite e approvate.

Anche se magnificamente realizzate e non di rado ricche di spunti creativi, queste campagne si affidano comunque a orizzonti simbolici già consolidati già molto codificati e collaudati (la famiglia, i figli, la sicurezza, la responsabilità sociale, la rottura degli stereotipi), in piena continuità con lo storytelling di brand più classico e con tradizioni inaugurate dai singoli brand oramai da anni. Ma anche in questo caso è fondamentale fare la tara delle intenzioni, distinguendo tra quei marchi che si sono lanciati verso il sociale con spirito di innovazione e di cooperazione e quelli che, invece, hanno semplicemente utilizzato la scia di importanti questioni etiche per modellare la loro comunicazione.

parallelamente, molto interessanti si sono rivelati gli esperimenti descritti nella sezione “Daring”, che, pur non imperniandosi su una “grande narrazione” aziendale (forse con l’eccezione di Nike), hanno saputo incassare un risultato memorabile prima di tutto per originalità, coraggio e provocazione.

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