BC&E: un mercato da più di 500mln di euro

Dal discorso introduttivo all’OBE Summit 2019 tenuto dal Presidente Laura Corbetta:

 

Il titolo del Summit 2019 è Original, Brave, Entertaining. Quest’anno abbiamo deciso di giocare con le iniziali di OBE per tracciare le coordinate di questa giornata di lavoro, durante la quale cercheremo di analizzare il BE da punti di vista diversi, come potente leva di comunicazione per le strategie di marketing delle aziende.

Come molti di voi sanno, l’Osservatorio BE nasce nel 2013 e conta oggi più di 45 associati tra brand, editori, concessionarie, centri media, agenzie creative e digitali.

L’Associazione si propone di contribuire allo sviluppo di una cultura del BE consapevole e rispettosa dei consumatori, attraverso l’attività di studio, il monitoraggio dei progetti realizzati, la valutazione delle performance, la regolamentazione e la a formazione presso operatori, media e istituzioni.

Oggi mi piacerebbe condividere con voi lo stato dell’arte – trasversale alle diverse geografie (gli Stati Uniti come sempre guidano il mercato internazionale), alle definizioni (BE o Branded Content), agli strumenti (il Product Placement o le Sponsorizzazioni appartengono al BE) – per inquadrare meglio questo fenomeno, alla cui base sta la relazione virtuosa tra brand e mezzi di comunicazione, tra contenuti creativi e universi simbolici della marca.

Già negli anni Trenta, Procter&Gamble si era cimentata nell’ideazione e realizzazione delle prime soap radiofoniche; così come poi, sempre negli Stati Uniti, durante gli Settanta e Ottanta, i brand entrano nel cinema grazie allo sviluppo del product placement.

E proprio da questa dinamica di convergenza tra advertising e cinema – nel 2001 la rivista a “Advertising Age” conia l’espressione “Madison & Vine” unendo la Madison Avenue di New York, sede delle principali agenzie di comunicazione con la Vine Street di Hollywood – si sviluppa, intono al 2005, il concetto di BE come “integrazione di un contenuto pubblicitario in un contenuto d’intrattenimento, dove i brand sono inseriti nella storyline di un film, di un programma televisivo o di un altro formato di comunicazione”, distinto dalle altre forme di promozione o sponsorizzazione dal pieno coinvolgimento del brand nell’ideazione, creazione e distribuzione del contenuto.

Da allora sono trascorsi molti anni e il panorama media si è notevolmente ampliato specificando sempre meglio il ruolo dei brand come “editori” e dopo la radio, il cinema e la televisione sono arrivate le piattaforme digitali, i social media, il gaming, gli eventi, il voice – ma l’intuizione originale del BE rimane ancora oggi valida: creare e distribuire contenuti rilevanti di info-tainment in grado di veicolare correttamente i valori del brand, con l’obiettivo di ingaggiare e creare connessioni emotive positive con le audience di riferimento.

La forza del BE è proprio questa: un’esperienza unica, originale e autentica, in grado di stimolare un “tune in” spontaneo da parte del consumatore, una vera e propria connessione personale che si sviluppa nel momento stesso in cui il contenuto viene fruito, rendendolo più efficace di molte altre forme di comunicazione.

Ma quali sono gli elementi chiave che contribuiscono a rendere di successo un prodotto di BE?

Forte dei risultati del Monitor OBE che negli ultimi 18 mesi ha processato oltre 470 casi di BE in Italia e nel mondo condivido alcune evidenze:

  • L’efficacia dello storytelling si basa sulla connessione profonda, non occasionale e forzata, tra la storia che si racconta e i valori del brand e/o del prodotto. Per questa ragione, prima di iniziare una progettazione, è fondamentale aver ben chiaro e condividere quale sia l’identità del brand, la strategia di comunicazione e gli obiettivi di marketing da raggiungere. Solo così il contenuto potrà essere sviluppato come un’estensione naturale e autentica del brand e lavorare organicamente alla sua crescita

 

  • Chi comunica ha pochissimo tempo, spesso una questione di secondi, per ottenere attenzione dal suo target che si conquista solo se la storia è raccontata nel posto giusto (media), al momento giusto (abitudini di consumo) ma, soprattutto, se si inserisce all’interno di un contesto giusto di fruizione (i bisogni, le aspirazioni e i sentimenti del target). Solo quando queste tre condizioni sono soddisfatte, è possibile per il brand stabilire un’associazione positiva con le proprie audience, creare engagement e stabilire relazioni durature nel tempo

 

  • Il BE non è semplicemente un messaggio pubblicitario mascherato da “storia”. Deve essere un contenuto unico e originale, in grado di attivare esperienze emotivamente rilevanti e significative in chi lo fruisce e, al tempo stesso, favorire il riconoscimento attivo e l’adesione spontanea al brand che lo propone.

 

  • Il BE devono nascere da una visione strategica del brand – spesso l’investimento è troppo elevato per essere gestito in modalità tattica – ed essere interpretato come un comunicazione integrata in grado di presidiare tutti i touch point della marca in maniera coerente e sinergica (dal media tradizionale, ai social, al punto vendita) al fine di garantire risultati concreti in termini di ROI.

 

  • L’efficacia di un progetto di BE non è un valore assoluto, ma è il risultato di un circolo virtuoso in cui una volta stabiliti gli obiettivi generali e quelli specifici del progetto si definiscono gli indicatori più corretti per l’analisi e la valutazione del risultato.

 

  • Last but not least, il BE è un gioco da “grande” squadra tra il brand, il team creativo e produttivo che lavora alla sua realizzazione e il media che lo ospita. Una sinergia spesso complicata da trovare ma che costituisce il vero fattore critico di successo di questa leva di comunicazione

A partire da questo framework, parliamo ora di numeri e previsioni.

Sul mercato globale dell’advertising − in uno scenario trainato dal digital advertising (+13,5%), in particolare dai social media e dai video, che vede una sostanziale tenuta della televisione a scapito di altre forme di pubblicità (prima fra tutte la stampa stampa) (-15,6%) − il BE si configura come un segmento piccolo (pari a circa il 6% del totale investimenti) caratterizzato però dal più alto tasso di crescita (quasi il +15%).

Anche in Italia, il BE conferma un trend di crescita molto significativo!

Grazie al prezioso supporto di Havas Media, anche quest’anno, OBE ha dimensionato il mercato del BE, realizzando un’indagine quantitativa su un target selezionato di investitori e di aziende specializzate nell’ideazione, produzione e distribuzione di contenuti. La rilevazione è stata effettuata nel mese di Aprile 2019.

I dati ci restituiscono la fotografia di un mercato italiano estremamente dinamico, con un trend a doppia cifra in uno scenario caratterizzato, a differenza da quello internazionale, da una crescita media degli investimenti molto contenuta (+2%).
Nel confronto con i dati globali, emerge anche la preferenza dei brand italiani a investire in BE rispetto al Product Placement.

Il 2018 si chiude a 444 milioni di euro, in crescita del 5% rispetto alla stima di 421 milioni dello scorso anno; con una netta prevalenza di contenuti originali verso attività di brand integration.

Sempre più polarizzata su video e programmi tv (il 56% del totale in crescita rispetto al 50% dello scorso anno) invece la classifica dei formati più utilizzati.

La ricerca rivela anche una forte trasformazione nelle modalità di approccio al BE da parte degli operatori: rispetto al 2017 diminuiscono i progetti realizzati in maniera tattica (dal 17% all’8%), così come cresce la considerazione del BE come leva utile a raggiungere obiettivi di upper funnel (visibilità, notorietà e reputazione della marca).

In generale la soddisfazione espressa nei confronti del BE è molto elevata, con il 92% dagli operatori che dichiara di aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissato, confermata anche da una previsione di crescita degli investimenti (dal 52% del 2017 al 57% del 2018).

Sul 2019, la stima si conferma in crescita con un valore di 506 milioni di euro (+14%).

Un’ultima riflessione prima di chiudere…

Oltre il 10% dei progetti registrati dal Monitor OBE affrontano temi di CSR e Diversity & Inclusion. Un dato molto significativo considerando che, se fino a qualche mese, questi temi erano un nice to have oggi, per i brand, diventano un must to have della comunicazione.

Secondo uno studio commissionato da Unilever a livello globale oltre un terzo degli intervistati, ha dichiarato di prendere in considerazione l’impatto sociale e ambientale dei brand al momento dell’acquisto.

Ancora più radicale l’orientamento da parte dei consumatori più giovani: il 66% degli intervistati appartenente alla Generazione Z dichiara che la percezione di un brand è fortemente influenzata dal supporto a cause sociali ed ambientali ed il 58% sostiene che questo è un fattore determinante per la scelta d’acquisto. Allo stesso tempo però solo il 12% ha dichiarato di ricordare un’associazione tra brand che sono loro familiari e supportano questo tipo di cause

Insomma, per i brand  una grande opportunità da cogliere… che, sicuramente, potrebbe trovare nel BE lo strumento principe di narrazione.

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