A cosa Serve il Branded Entertainment?

L’Osservatorio propone la prima mappatura del fenomeno Branded Entertainment attraverso la definizione di 4 famiglie : “Valorizzazione esplicita”, “Approccio ludico non finalizzato”, “Seduzione”, “La relazione strumentale”.

La pluralità dei mondi di marca sposta i confini della marca stessa e obbliga a ripensarla come un territorio di sintesi fra istanze diverse che si dispiegano prioritariamente sul terreno della relazione intesa come il momento di contatto fra sé e la marca. Si possono definire due tipi di relazione che la marca instaura con il consumatore: la RELAZIONE HARD che si concretizza, si manifesta, si esperisce attraverso il prodotto e la RELAZIONE SOFT, il legame che la marca cerca di creare con il suo consumatore attraverso i suoi valori e la narrazione di essi.

Nella costruzione dell’identità di marca, il branded entertainment lavora sui tratti ‘soft’ delle relazione con il consumatore, in particolare VICINANZA, DONO, COINVOLGIMENTO, DIALOGO, DIVERTIMENTO, che, per quanto meno rilevanti della dimensione ‘hard’  (qualità, onestà, fiducia….), definiscono una parte della relazione assolutamente imprescindibile. Si tratta di una tendenza che il consumatore percepisce in fieri, e di cui ancora non disegna i confini o il livello di profondità.

È proprio nel riconoscere che la marca può avere diversi modi/finalità di entrare in contatto con il suo target  che il consumatore definisce l’emergere di nuove forme di comunicazione,  forme in cui la marca gioca un ruolo diverso, meno “convenzionale” e in parte meno chiaro (Sponsor? Promotore? Produttore….), e in cui il PATTO COMUNICATIVO ha una finalità propria e specifica che si fonde con una finalità commerciale INDIRETTA.

La ricerca dell’Osservatorio ha permesso di classificare queste “nuove forme” in  4 “famiglie” di branded content, con diversi gradi di innovatività, coinvolgimento e narrazione.

La prima tipologia denominata VALORIZZAZIONE ESPLICITA che pure non vede alcuna centralità effettiva del prodotto, risulta forte in termini di motivazione all’acquisto, grazie a un livello di coinvolgimento e innovatività elevati. Si collocano in questa famiglia gli esempi di Heineken The real master of intuition e il mini-documentario di Illy Artisti del Gusto su Nat Geo.

La seconda tipologia (APPROCCIO LUDICO NON FINALIZZATO) gode del meccanismo di empatia generato dal pure fun (mi ha divertito),  ma non garantisce un effetto di ritorno né sull’immagine di marca né sull’intenzione di acquisto del prodotto, poiché l’esperienza è vissuta come fine a se stessa. Vengono citati ad esempio per questa famiglia i casi di Bye Bye Cinderella (operazione di Perfetti – Daygum su La5) o di Cinzia per la pelle (iniziativa per Dermaday di IDI Farmceutica).

La terza tipologia (SEDUZIONE) si muove in modo abbastanza bilanciato sul coinvolgimento e la narrazione, ma è debole su innovatività e lavora poco sugli aspetti concreti del prodotto. Qui rientrano i casi di branded content come Magnum (Five Kisses) o Vision di Burn.

La quarta tipologia (RELAZIONE STRUMENTALE), pur essendo più capace di “parlare” del prodotto, risulta meno funzionale alla sua ricerca rispetto alla prima e terza tipologia: i codici sono ancora prossimi  alla comunicazione di tipo tradizionale e quindi  meno in grado di potenziare aspetti specifici del Braned entertainment. In questa famiglia ritroviamo le forme evolute di Telepromozioni (i cosiddetti filler).

Le diverse finalità e funzioni che il B.E. può assolvere in relazione al brand

La ricerca mette in luce come il branded entertainment sia in grado di creare una FORTE SINERGIA TRA MARCA E CONTENUTO, accantonando la vecchia narrazione unidirezionale e prodotto-centrica e proponendo un nuovo modello in cui sono fondamentali concetti quale CONDIVISIONE (intesa come capacità di ascoltare il consumatore  e allo stesso tempo  interessare senza restare più a distanza) e COINVOLGIMENTO (inteso come conglobazione dei consumatori da parte della marca in una dinamica di appropriazione e di immedesimazione reciproca NEL e DEL marchio).

Il brand, pur non essendo mai in primo piano, viene raccontato attraverso tutti i suoi valori, i suoi stili tipici e iconici risultando immediatamente RICONOSCIBILE (l’83% del campione riconosce la presenza della marca nel contenuto), imprimendo la sensazione nello spettatore che i contenuti siano stati pensati e realizzati  proprio dalla marca PER ARRICCHIRE L’ESPERIENZA dello spettatore, permettergli di fare e vivere qualcosa di bello insieme al marchio e grazie al marchio.

Il branded entertainment è percepito dal consumatore-spettatore come un plus-valore da cui trarre vantaggio (fosse anche solo l’intrattenimento), e non come un’interruzione di un’attività. Ecco che emerge il SENSO di DONO: grazie a una identificazione chiara e univoca  del mittente (so esattamente chi sta parlando) il contenuto acquista un significato (so chi mi sta facendo un regalo e perché). Tra brand e consumatore si viene in tal modo a creare un momento di incontro e di scambio in cui entrambe le parti ottengono benefici.

Pur nell’omogeneità dello scopo (coinvolgere regalando un’esperienza), il branded entertainment  può essere quindi modulato in relazione ai bisogni  strategici dell’azienda, considerandolo come una leva essenziale nella costruzione dell’identità e della relazione con il brand.

Rispetto ad altre forme di advertainment il branded entertainment risulta diverso per il 38% degli intervistati (segno di un territorio in divenire che il consumatore cerca di decodificare rapportandolo a ciò che conosce) più “profondo” (richiede più attenzione per il 30% del campione), più interattivo per il 29% (grazie alla narrazione, che essa sia a finalità informativa, ludica o patemica) più “vicino” (anche grazie a un certo “disinteresse alla vendita” – 12%).

Il BE risulta avere delle potenzialità interessanti rispetto alle altre forme di comunicazione  proprio per il maggiore livello di ingaggio che offre/chiede al suo spettatore. Risulta infatti più impattante di telepromozioni (più rilevante per me: 41%) spot (38%) e Product Placement (37%). È “più difficile da ignorare” perché si pone – anche se con livelli diversi a seconda della famiglia – in un’ottica di significatività dell’esperienza fruitiva in sé. È un contenuto che genera attenzione verso  un contenuto  che si deve fare strada nel modello interruption / repeat.

In sintesi, dove agisce il branded entertainment?

A LIVELLO DI COINVOLGIMENTO: struttura un patto comunicativo specifico con il suo spettatore, un patto che ha un valore in sé al di là del valore della marca.

A LIVELLO DI RELAZIONE: può rappresentare uno dei territori in cui la marca incontra il suo consumatore (quasi come se fosse un nuovo “prodotto” della marca che diviene terreno di ingaggio al di là del prodotto fisico).

A LIVELLO DI BRANDING: può esplodere e rafforzare alcuni tratti di identità della marca specie quando i suoi valori diventano i valori del racconto e/o la dimensione simbolica ed evocativa del contenuto agisce come cassa di risonanza per i valori della marca.

A LIVELLO DI COMPORTAMENTO: la metà del campione circa (48%) è invogliato a provare il prodotto e il 44% si dichiara pronto a informarsi sulla marca – con livelli molto elevati sulla famiglia  (64% proverebbe il prodotto e 53% si informerebbe sulla marca).

Di seguito le tavole con i dati di ricerca

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